In
questi giorni di frenetica campagna elettorale, i maggiori esponenti
della politica italiana si avvicendano davanti alle telecamere e ai
microfoni delle radio, con masse di giornalisti che corrono tra un
comizio e una rassegna stampa.
C'è qualcosa di questo balletto che
non mi convince: alcuni candidati non si vedono mai, non si sentono e
non se ne parla se non di striscio. Mi direte: impossibile, c'è la
par condicio!
Per gli affezionati di Wikipedia, la par condicio è
l'insieme di «quei criteri adottati dalle emittenti televisive nel
garantire un'appropriata visibilità a tutti i partiti e/o movimenti
politici».
A
quanto risulta dopo una semplice ricerca su internet, non c'è ad
oggi un sito dove sia possibile tenere il conto delle apparizioni dei
politici in televisione prima del voto. In effetti non dovremmo
sentirne il bisogno, visto che in Italia esiste una Autorità per le
Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), sul cui sito peraltro si trova
tutto, fuorché sondaggi simili a quello di cui sopra. Però io il
conto approssimativo me lo voglio fare lo stesso. Così, per sfizio.
Ovviamente
comincio con il Berlusca, perché lo so che stavate già pensando a
lui: secondo questo articolo, nel periodo tra il 24 dicembre 2012 e
il 14 gennaio 2013, se sommiamo le ore nelle quali è apparso in
televisione e si è parlato di lui arriviamo alla bellezza di 63 ore.
Monti è il secondo della lista con 62 ore. Terzo, ma parecchio
distante, troviamo Bersani: 12 ore. Ultimo è invece Ingroia con poco
meno di 10 ore totali.
La
bandierina però la vince Grillo, che non è nemmeno citato: strano,
per uno che secondo i sondaggi il primo febbraio risultava il terzo
partito con il 18% di voti; meno strano per chi conosce la posizione
alquanto refrattaria di Grillo nei confronti della tv, in base alla
quale ha fatto promettere anche ai suoi seguaci di non servirsene,
pena l'espulsione (vedi vicende Favia e Salsi).
Dunque
la mia impressione è fondata e gravissima: in molti hanno
sottolineato che ad una maggiore visibilità in televisione segue
quasi sempre un aumento di consensi tra gli elettori. Il quasi è
d'obbligo: sembra infatti che l'unico caso in cui la regola fa difetto
sia quello di Monti, il quale riesce ad abbassare il suo consenso
ogni volta che apre bocca. Almeno secondo questo articolo. Lo cito
anche per evidenziare una strana attitudine italiana: a quanto pare,
ci facciamo influenzare parecchio dai sondaggi, i quali però non
sono sempre affidabili (c'è chi considera come possibili voti anche
le preferenze ottenute da un politico sul profilo twitter o
facebook).
In
pratica l'italiano medio decide chi votare anche in base a quello che
fanno gli altri. Un indeciso va su internet, clicca sul sito del
primo istituto di ricerca che gli capita a tiro, guarda chi è il
primo e dice massì, mò lo faccio pure io.
Poi
ci lamentiamo del Parlamento, come se a votare ci andassero i puffi.
Ho
quindi deciso di dedicare il post che state leggendo all'ultimo
partito della mia lista: Rivoluzione Civile di Ingroia. E' necessario infatti che gli elettori si informino su ciascun candidato prima di
andare a votare. Altrimenti tutti i discorsi su quanto è bello il diritto al voto diventano chiacchiere e le chiacchiere, in un Paese
dove ogni giorno che passa aumentano senzatetto, disoccupati ed
esodati, stanno davvero a zero.
Piccola
parentesi: il 31 gennaio il CDA della Rai ha previsto solo tre conferenze stampa dedicate separatamente a Berlusconi, Bersani e
Monti per la fine della campagna elettorale, il 22 febbraio. A noi il
compito di ricordare l'esistenza di tali Grillo, Giannino e Ingroia,
anche se i sondaggi riservano loro “solo” 18, 2 e 5 punti
percentuali.
Tanto
per cominciare, il programma. Faccio un riassuntino.
Europa
si, ma più equa: niente tagli alla spesa sociale come quelli
previsti dal Fiscal Compact e un indicatore che, accanto al PIL, non
si basi solo su quanto si produce in un Paese per misurarne il
benessere, ma anche sulle condizioni ambientali e sociali.
Lotta
alla criminalità organizzata attraverso ad esempio il ripristino del
falso in bilancio e l'inserimento nel codice penale dei reati contro
l'ambiente. La difesa dell'ambiente si riflette anche nel rifiuto
della TAV e del Ponte sullo Stretto e nell'interesse per i diritti
degli animali.
Affermazione
della laicità dello Stato, dei diritti delle coppie di fatto
omosessuali e non, della cittadinanza a tutti i nati in Italia. A
questo proposito nel sito di Rivoluzione Civile si dicono peste e
corna della legge Bossi-Fini.
Creazione
di occupazione grazie al ripristino dell'articolo 18, investimenti
sulla ricerca, riconversione ecologica dell'economia (nella Home di
oggi si trova un bell'articolo sugli effetti economici della
globalizzazione).
Abolizione
dell'IMU sulla prima casa, patrimoniale sulle grandi ricchezze,
rafforzamento del sistema pubblico sanitario, alleggerimento delle
tasse per i redditi medio-bassi, eliminazione della riforma Fornero e
soprattutto estensione delle tasse agli immobili di proprietà della
Chiesa e delle Banche. Quest'ultimo punto, in particolare, è
presente solo nel programma di Rivoluzione Civile. Solo che bisogna
andarsi a leggere il programma, per saperlo. Quindi fatelo, ci
vogliono cinque minuti.
Aggiungo
solo: politiche per il disarmo (l'Italia ripudia la guerra, gli
italiani un po' meno...), incandidabilità dei condannati,
eliminazione dei privilegi della classe politica, abolizione di spese
come quella dei cacciabombardieri F35, sulla cui inutilità ha detto
bene Crozza a Ballarò.
Passiamo
invece al personaggio.
Ingroia
è un siciliano di 53 anni che ha fatto il magistrato per 25 anni,
durante i quali ha lavorato, tra gli altri, anche con Paolo
Borsellino. Nel 1992 è diventato sostituto procuratore a Palermo ed
è famoso per le sue indagini sulla trattativa Stato-mafia,
sul capo dei servizi segreti Bruno Contrada e su Marcello Dell'Utri e
Silvio Berlusconi. Recentemente gli era stato proposto dall'Onu un
incarico per la lotta al narcotraffico in Guatemala. Inizialmente ha
accettato, ma nel dicembre del 2012 è tornato in Italia per fondare
Rivoluzione Civile. Il partito ha l'appoggio di Italia dei Valori,
Movimento Arancione, Verdi, Rifondazione Comunista e Partito dei
Comunisti Italiani. Aveva ottenuto anche l'adesione di
altri movimenti come Cambiare Si Può, Agende Rosse di Borsellino e
Popolo viola, ma in seguito alla compilazione delle liste si sono
scatenate forti polemiche che hanno portato alla rottura.
Ci
arrivo, andiamo con ordine.
All'inizio
dell'avventura politica di Ingroia in molti hanno ipotizzato che il
suo ritorno in Italia fosse dovuto ad una sua inadeguatezza per
l'incarico o alla sua volontà di approfittare di privilegi economici
ben più elevati di quelli di cui avrebbe goduto come rappresentante
dell'Onu.
In
merito alla prima obiezione, rimando ad un estratto molto breve della
puntata di Servizio Pubblico in cui è lo stesso Ingroia a
rispondere. Nel video, inoltre, la giornalista racconta di aver
contattato l'Onu e di aver raccolto solo giudizi positivi
sull'operato del magistrato in merito all'incarico affidatogli.
Per
quanto riguarda la seconda ipotesi, rimando alla palla di vetro e ai
sensitivi.
Altra
polemica degna di nota è quella innescata da Ilda Boccassini, il pm
di Milano famoso per l'inflessibilità alla lotta contro la mafia e
per i processi contro Berlusconi. Dovrebbe essere la migliore amica
di Ingroia, invece si è offesa quando lui ha pronunciato la seguente
frase in merito ai numerosi attacchi riservatigli da tutti i
personaggi politici e della magistratura subito dopo essersi
candidato: «è anche vero che è già successo ad altri e più
autorevoli magistrati come Falcone: quando iniziò un'attività di
collaborazione con la politica venne criticato soprattutto dai
colleghi». La Boccassini ha replicato che nessuno può paragonarsi a
Falcone e le hanno fatto eco l'ex procuratore nazionale antimafia
Piero Grasso e Maria Falcone, sorella del giudice.
Peccato
che Ingroia non si sia mai paragonato a nessuno: anzi, ha annoverato
Falcone tra gli “altri e più autorevoli magistrati”, tesi
appoggiata anche da Agnese Borsellino e Luigi Furitano, presidente
del Centro Studi Paolo Giaccone.
Sulle
polemiche e gli attacchi fatti e subiti da Ingroia si potrebbero
scrivere libri, ma non servirebbe ai fini della nostra piccola
indagine, soprattutto perché la maggior parte di essi vanno
contestualizzati in una campagna elettorale disseminata di colpi
bassi, insinuazioni, scandali e risse da bar.
Andiamo
al sodo, cioè all'unico problema vero di Ingroia: la formazione
delle liste, che lo ha portato alla scissione di cui sopra.
Il
problema è nel nome: la rivoluzione è stata chiamata civile ad
indicare la partecipazione alle liste da parte di esponenti della
società come i ragazzi delle Agende Rosse o del Popolo Viola. Invece
a quanto pare le persone proposte dai movimenti sono state relegate
in panchina a fare il tifo, mentre i vari esponenti dei partiti che
sostengono Ingroia saranno affiancati da gente non troppo comune:
amici degli amici, raccomandati di partito. Nello specifico, poiché
RC conta di eleggere 21 persone a Montecitorio, 11 saranno indicate
dai partiti (4 da IdV, 3 da Prc, 2 dal Pdci, 2 dai Verdi), 6 da
Ingroia e 4 tra De Magistris e Leoluca Orlando. I nomi li trovate sul sito di RC.
Inoltre
Massimo Malerba, uno dei fondatori del Popolo Viola, ha dichiarato a
Tempi.it che sarebbe già in programma un accordo col PD. In effetti
è stato lo stesso Ingroia a parlare di una proposta da parte di
Bersani che suonava più o meno così: io inserisco un paio di
senatori di RC nelle liste del PD, ma tu in cambio ti levi di mezzo e
la smetti di farmi perdere voti. Proposta rigettata con disprezzo.
Malerba, però, ha affermato che la desistenza era fortemente voluta
da Diliberto e Di Pietro e non è stata attuata solo grazie a Ferrero
e De Magistris. Oltretutto ha aggiunto: «per
quel che intuisco, ci sarebbe anche un secondo accordo con il PD, che
potrebbe scattare dopo le elezioni: è nelle cose, lo cercano e lo
vogliono, infatti i soggetti incompatibili con questo piano sono fuori dalle liste o in posizioni ineleggibili. Un esempio sono
i no Tav in Piemonte, fatti fuori dalle liste proprio per evitare
elementi di conflittualità».
Di
fatto, Ingroia non ha mai negato di volere un accordo col PD
successivo alle elezioni e d'altra parte se si considera che col
nostro sistema elettorale per far passare una legge bisogna avere
l'appoggio di mezzo mondo è normale che i partiti si alleino tra di
loro e cerchino un compromesso tra le parti (purtroppo o per fortuna,
prendetevela con Calderoli). Lo stesso Salvatore Borsellino ha
confermato il suo appoggio ad Ingroia in virtù della stima che nutre
nei confronti del magistrato, anche se la delusione per un
comportamento diverso dalle aspettative è palpabile e, aggiungo io,
comprensibile.
Insomma,
ad ognuno la propria opinione in merito. L'importante, è bene ribadirlo,
è riflettere a fondo sulla propria scelta ed evitare di appoggiare
un candidato perché è il meno peggio, perché appartiene ad uno
schieramento che ci siamo abituati a credere nostro o perché è un
magistrato/imprenditore/operaio e come tale risulta più credibile di
altri: sono criteri che la storia della politica italiana ha rivelato
essere insufficienti per scegliere un valido rappresentante.
Svegliamoci:
siamo ancora in tempo.
Ascolto consigliato:
Ingroia lo stimo come PM e come persona. A Palermo ha portato alla luce la trattativa Stato-Mafia ed è stato trasferito in Guatemala (punito? silenziato?). La sua discesa in politica non fa scandalo, nel caso dovesse abbandonare la politica e tornarsene in Guatemala non vi sarebbero "turbative" o "perdita di terzietà": Berlusconi non rischia di ritrovarselo come PM "poco terzo". Quello che di Ingroia non mi piace è la lista Frankenstein che ha messo insieme: PRC + PDCI + Verdi + Di Pietro + De Magistris (avversario di Di Pietro) + Leoluca Orlando. Mi sembra una coalizione destinata a dividersi subito dopo le elezioni. Al contrario Ingroia + Di Pietro + Leoluca Orlando avrebbero formato una squadra più coesa e credibile.
RispondiEliminaCarlo Orosei
La mia perplessità è simile alla tua, Carlo: come scrive giustamente Salvatore Borsellino nella lettera che ho citato, ci sono ragazzi da sempre impegnati in lotte politiche fondate sull'onestà e sulla difesa della Costituzione che hanno sostenuto Ingroia quando nessuno lo faceva, poco prima che partisse per il Guatemala. Gli stessi ragazzi gli sono stati proposti per la sua rivluzione civile, ma lui ha preferito schierare politici che non saranno sempre i soliti nomi, ma quasi. Secondo me di un Di Pietro si poteva fare tranquillamente a meno, mentre si poteva fare posto a qualche nome nuovo, anche se non avrebbe portato tutti questi voti. Che poi diciamocelo, Di Pietro di voti non ne porta più chissà quanti, è solo una questione di rapporti politici. Sarebbe stata una rivoluzione più interessante se fosse partita dal basso, ma guidata da un uomo degno di stima come Ingroia senza bisogno di altri nomi illustri.
RispondiEliminaRivoluzione Civile la mia prima opzione elettorale. Siccome non ne ho una seconda, spero che di qui al voto qualcuno del movimento o Ingroia stesso non se ne esca con qualche amenità che mi faccia ricredere: considero il non-voto una iattura e non vorrei esserci costretto.
RispondiEliminaCondivido le perplessità sulle liste. Mi rinfranca la candidatura di Vladimiro Giacché, di cui apprezzo molto l'onestà intellettuale.
Avrei preferito una posizione meno timida nei confronti dell'Europa, in quanto ritengo il Fiscal Compact solo una conseguenza delle asimmetrie e storture che rendono la UE quell'organismo anti-democratico e anti-sociale che è sotto gli occhi di ognuno.
Ma questo è ciò che passa il convento.