"E quanto intendo più, tanto più ignoro." (Tommaso Campanella)
mercoledì 5 settembre 2012
"Dieci donne" - Marcela Serrano
Francisca,
Mané, Juana, Simona, Layla, Luisa, Guadalupe, Andrea, Ana Rosa. E
ovviamente, la loro psicologa Natasha.
Siamo
in Cile, Paese martoriato dalla dominazione spagnola prima e dal
regime sanguinario di Pinochet poi. Lo sfondo è lo studio di
Natasha, dove le nove donne si raccontano e condividono i motivi che
le hanno portate ad andare in terapia. I protagonisti della storia
cilena fanno capolino qua e là: dal Salvador Allende di Unidad
Popular salito al potere e suicidatosi nel 1970 per non cadere nelle
mani dei nemici durante il colpo di Stato pilotato dalla CIA al
generale Augusto Pinochet che, tra il 1973 e il 1990, fece torturare,
uccidere e sparire almeno 30.000 persone. Lo sa bene Luisa, che sta
ancora aspettando il ritorno di suo marito, uno dei tanti
desaparecidos
prelevati dalle loro case con la forza e destinati a non farvi più
ritorno. La rabbia per questi eventi non può toccare una ragazza
come Guadalupe (“Dico a tutti che mi chiamo Lupe per non sembrare
troppo verginale o troppo messicana, perché sono cilena e ben poco
cattolica”), troppo giovane anche solo per capire di cosa stiamo
parlando. La sua battaglia è accettare di essere lesbica e gestire
la confusione che la sua natura scatena in quelli che la circondano.
Ad esempio i parenti, che si chiedono “dove hanno sbagliato”.
Anche Juana si chiede dove ha sbagliato con sua figlia Susy, mentre
corre tra un lavoro e un altro per pagarle le medicine e curare la
sua depressione. Problemi economici che invece Andrea, giornalista di
successo, non ha: rifugiatasi nel deserto per trovare sé stessa,
riconosce il “prezzo della fama” nel grande vuoto che ha dentro.
Donne che rinunciano a far funzionare relazioni distruttive come
quella di Simona con suo marito, o che vivono un'eterna giovinezza
nel ricordo del grande amore come Mané, che si accorge tutto ad un
tratto di essere una vecchia sola. La stessa vecchia sola che
Francisca rivede in sua madre, odiata e persa chissà dove; una madre
a sua volta simile a quella che è stata Layla, incapace di crescere
suo figlio a causa dell'alcolismo.
Donne
tutte diverse, cresciute a pane e dolore come tantissime donne nel
mondo ma ricche di grandi gioie; giovani, vecchie; madri, figlie,
sorelle, amanti. Ognuna racchiude in sé aspetti diversi di una
stessa femminilità, uguale e diversa nel corso degli anni.
Mortificata a volte dal fanatismo religioso, dalle convinzioni
politiche, dalla fatica di affrontare la quotidianità, ma
eccezionalmente viva in ogni gesto, ogni parola. Il maschio è
lontano, relegato ad un ruolo di spettatore o addirittura di nemico e
non riesce ad avvicinarsi al mondo femminile nemmeno quando ci prova:
il fratello di Francisca muore, il padre di Layla la abbandona, il
nonno di Ana Rosa la violenta. Persino ad un marito innamorato come
quello di Natasha si preferisce la solitudine. Come se ad un certo
punto della sua vita la donna dovesse prendere atto di non avere
bisogno dell'uomo e di dover cercare la felicità nella solitudine.
Nemmeno tra loro le pazienti riescono ad essere solidali: durante la
seduta si giudicano, si pungolano sulle scelte più radicali,
evidenziano le differenze e non sono per niente contente di
condividere le proprie sofferenze. Ciò che le spinge a farlo è
l'affetto per Natasha, che assiste senza parlare. Non si sbottona con
le sue pazienti: parla direttamente al lettore e sembra rimanergli
accanto per tutto il cuento,
il racconto. La sua storia ci verrà raccontata dall'assistente Ana
Rosa, che rivelerà anche il motivo dell'incontro.
Marcela Serrano possiede una notevole capacità di
rappresentare non solo vite molto diverse tra loro, ma anche età
opposte. La vecchiaia e la solitudine di Mané, ad esempio,
sorprendono per la loro nitidezza, ma la giovinezza impetuosa di Lupe
non è da meno, complici la scelta delle parole e la punteggiatura:
constatazioni riflessive e rassegnate per la prima, impietose e
istintive per la seconda.
Chi si avvicina a questo libro deve sapere una cosa
importante: nel libro non succede niente. Nessun colpo di scena,
nessuna evoluzione dei personaggi: le pazienti si limitano a mettersi
a nudo con onestà, consapevoli della propria bellezza, quando c'è,
e soprattutto della propria solitudine, che prescinde dall'esistenza
o meno di una famiglia, di figli, di amanti. Non hanno chiesto loro
di essere ascoltate e la terapia di gruppo non cambierà il corso
delle loro vite: chiedono di essere prese in considerazione per
quelle che sono, con tutte le incognite sul futuro che ne conseguono.
Chi è disposto ad ascoltarle, uomo o donna che sia, le sente
talmente vicine nella loro umanità da tenersele dentro come sorelle.
Perché, come scrive la Serrano, “Tutte noi, in un modo o
nell'altro, abbiamo la stessa storia da raccontarci”. Ascolto consigliato:
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