martedì 18 settembre 2012

Cosa stiamo facendo alla Terra?



L'obiettivo di questo post è dimostrare che esiste un collegamento tra il debito pubblico degli Stati e il fallimento della nostra economia dei materiali, cioè il sistema che ci permette di produrre e consumare i nostri beni materiali.
Riguardo al debito pubblico vi rimando al post che ho scritto in precedenza. In questa sede ci serve ricordare solo che esso è strettamente legato al PIL, cioè al rilevatore che misura le merci che vengono comprate e vendute: più un Paese viene considerato ricco, più sarà in grado di ripagare i suoi debiti e viceversa.
Lo scopo primario della nostra economia, quindi, è diventato produrre quante più merci è possibile, in modo da aumentare la propria ricchezza.
Ma ci arriviamo.

Le tappe principali dell'economia dei materiali sono l'estrazione delle materie prime, la produzione, la distribuzione, il consumo e lo smaltimento.

Per quanto concerne le materie prime, sappiamo tutti che esse sono in gran parte limitate: negli ultimi trent'anni abbiamo utilizzato un terzo delle risorse di tutto il Pianeta, l'80% delle foreste sono state abbattute e solo in America il 40% dei corsi d'acqua è diventato non potabile.
Per materie prime dobbiamo intendere soprattutto quelle che ci consentono di produrre un bene preziosissimo: l'energia. Essa viene prodotta per l'85% grazie ai combustibili fossili, cioè il carbone (26%), il gas naturale (23%) e il petrolio (40%).

Il petrolio è causa di grande preoccupazione: la metà dei giacimenti si è già esaurita (per dirlo con i geologi, abbiamo raggiunto il picco del petrolio), per cui il prezzo aumenta sempre di più e aumentano anche i conflitti causati dalla corsa agli approvvigionamenti (basti pensare all'Iraq).
Entro il 2030 la richiesta di petrolio aumenterà del 40%: oltre ad usarlo per l'energia, esso è presente nei farmaci, negli alimenti, nei vestiti... praticamente ovunque
Un terzo delle guerre civili oggi in atto sono in corso in Paesi produttori di petrolio, per cui in qualsiasi momento i loro Governi potrebbero crollare portandosi dietro la nostra economia.
Senza contare che il petrolio, insieme al gas naturale e al carbone, è tra le cause principali del riscaldamento globale.

Ma di questo parleremo dopo.

In merito alle materie prime c'è da aggiungere un'altra cosa: poiché nei Paesi più ricchi queste scarseggiano, spesso si ricorre a quelle dei Paesi più poveri. In Amazzonia vengono abbattuti 2000 alberi al minuto e gli abitanti della zona, presenti sul territorio da generazioni, non sono più in grado di sostentarsi, per cui sono costretti a spostarsi per trovare lavoro.
Condividono questo destino con circa 200.000 persone ogni giorno e molte di esse saranno costrette ad accettare lavori pericolosi e dannosi per la salute all'interno delle stesse fabbriche dove le risorse che sono state loro sottratte verranno unite a sostanze pericolose.

Siamo arrivati alla seconda tappa: la produzione.

La pratica di unire le materie prime a sostanze chimiche e tossiche ci ha portato a mettere in commercio circa 100.000 prodotti contaminati che si accumulano anche in ciò che mangiamo: uno studio recente ha rivelato che il prodotto alimentare più tossico in circolazione è il latte materno.
Negli USA le industrie ammettono di liberare 2milioni di tonnellate di sostanze tossiche all'anno, per cui spesso le fabbriche più tossiche vengono spostate nelle zone più povere del mondo, le stesse dove vengono reperite le materie prime.

Si calcola che per ogni nostro bidone di spazzatura ci siano altri dieci bidoni della stessa grandezza pieni degli scarti causati dalla produzione degli stessi oggetti che abbiamo cestinato.

A produzione ultimata, si provvede alla distribuzione: si cerca di vendere il maggior numero di prodotti possibile nel minor tempo possibile esternalizzando i costi, cioè non includendo i costi di produzione nel prezzo del prodotto.
Se ad esempio acquistiamo un computer a 100 euro, sappiamo già che i nostri soldi non possono ripagare l'estrazione delle materie prime che ci sono volute per farlo e il loro assemblaggio.
Allora chi paga?
Pagano il lavoro minorile e/o sottopagato, le persone che hanno subito il saccheggio delle loro risorse, quelle che moriranno a causa delle malattie provocate dall'inquinamento, i tagli all'assistenza sanitaria del commesso che ci ha venduto il pc.

I meccanismi non sono diversi per quanto riguarda l'energia: produrla attraverso i combustibili fossili e il conseguente incremento di CO2 nell'aria provocheranno un innalzamento del livello del mare di 7 metri e ci sono centinaia di milioni di persone che vivono al di sotto di esso (i Paesi Bassi, ad esempio, scomparirebbero).
Senza contare che cambieranno il livello di umidità e la fertilità della terra e flora e fauna saranno compromesse per sempre: molti di noi sono destinati a morire di fame, soprattutto i più poveri.
E quelli che non moriranno di fame, saranno sterminati dalla competizione per accaparrarsi le ultime risorse disponibili: conflitti armati, attentati terroristici e via discorrendo.

Rallegrati e confortati, possiamo passare alla terza tappa del nostro tour: il consumo.

Abbiamo prodotto un sacco di roba, il PIL è cresciuto e siamo tutti contenti. E ora?
E ora ci ritroviamo con una marea di merci che ci devono convincere a consumare. Ma soprattutto, i prodotti in commercio non possono essere troppo duraturi, altrimenti non sentiremmo l'esigenza di comprarne altri.
Per arrivare a questo risultato, i processi sono due:
  1. Obsolescenza pianificata: alcuni prodotti vengono costruiti in modo da diventare inutili il prima possibile. Per rimanere all'esempio di prima, qualunque pc diventa obsoleto dopo due anni;
  2. Obsolescenza percepita: bisogna far credere alle persone di avere bisogno della versione più aggiornata di un oggetto, anche se possediamo la versione precedente e funziona benissimo. La moda è un esempio perfetto: da un anno all'altro cambiano le tendenze e per rimanere al passo coi tempi bisogna cambiare guardaroba ad ogni cambio di stagione.

E' stato calcolato che il 99% dei prodotti in commercio diventa spazzatura dopo un periodo massimo di sei mesi.

Il risultato è che lavoriamo tutti molto di più per poterci permettere ciò di cui la televisione e i giornali dicono che abbiamo bisogno: abbiamo meno tempo libero adesso che non qualche secolo fa e abbiamo sempre qualche debito da ripagare.

Il consumo di petrolio, invece, si espleta per un terzo nel riscaldamento degli edifici, per un altro terzo nella produzione dell'energia elettrica e per un altro terzo nell'utilizzo del combustibile necessario ai trasporti (camion, auto, ecc).

Le centrali termoelettriche odierne hanno un rendimento del 35%: ciò significa che il 65% dell'energia viene disperso per la produzione dell'energia stessa.
Per quanto riguarda i mezzi di trasporto, essi hanno un rendimento bassissimo e spesso vengono usati male: lo sapevate che l'Italia esporta circa dieci tonnellate di biscotti al giorno in Olanda? Peccato che anche l'Olanda esporti dieci tonnellate di biscotti in Italia.
Ciò equivale a trasportare delle merci su e giù per il Pianeta senza un effettivo beneficio.
Inoltre nel mercato produttivo esistono delle assurdità non trascurabili: in America mangiano salmone dell'Alaska sfilettato in Cina. Che senso ha?

Arriviamo così allo smaltimento.

Acquistare a ritmi frenetici porta all'esigenza di smaltire tonnellate e tonnellate di rifiuti sotterrandoli oppure incenerendoli: quest'ultima soluzione ha portato alla creazione delle sostanze più pericolose che siano mai esistite. Una di queste è la diossina, che è nata appunto quando le sostanze tossiche contenute nei nostri prodotti sono state disperse nell'aria.

Il riciclaggio è un grosso aiuto per l'ambiente, ma non è abbastanza: molti materiali non sono riciclabili e alcuni prodotti sono assemblati in modo da non esserlo.
Pensate alle confezioni dei succhi di frutta: spesso sono fatte di cartone rivestito in alluminio e plastica, materiali che presi singolarmente sono smaltibili, ma nella forma definitiva non sono separabili gli uni dagli altri e finiscono nel bidone dell'indifferenziata.

La raffinazione del petrolio produce scarti in ogni sua fase e alla fine si ottiene una sorta di catrame composto da zolfo e sostanze pesanti. In Paesi particolarmente avanzati la miscela si può riutilizzare in alcuni impianti come combustibile, ma quando parlo di Paesi avanzati penso alla Danimarca... non all'Italia.

Arriviamo così al nesso tra il nostro sistema di produzione e il debito.

Partiamo da una semplice considerazione: tutti i Paesi industrializzati sono indebitati, anche i più virtuosi come la Germania. D'altra parte, se un Paese non avesse un debito da risanare non venderebbe i suoi titoli sovrani.

Proviamo ora a sintetizzare e semplificare al massimo.

Poiché le materie prime sulle quali basiamo il nostro sistema produttivo sono limitate, il loro prezzo aumenta mano a mano che diventa più difficile reperirle. Perché il prezzo del prodotto finito possa rimanere competitivo, le aziende riducono i salari e le assicurazioni dei propri lavoratori e aumentano le ore di lavoro; molte si spostano in Paesi dove i diritti del lavoratore non sono riconosciuti e dove è permesso anche il lavoro minorile.
Per abbassare i costi di produzione, si prediligono tecnologie che eliminano, per quanto possibile, l'apporto dell'uomo e sempre più persone rimangono senza lavoro.

Lo Stato si trova quindi a pagare: i sussidi di disoccupazione, le cure per le malattie dovute all'inquinamento conseguente alla produzione di elementi tossici, i costi di smaltimento delle sostanze nocive e dei prodotti non riciclabili e le spese per il risanamento dei disastri ambientali fin troppo frequenti.
Perché il sistema non crolli, le aziende devono produrre sempre di più, ma con l'andare del tempo ci sono sempre meno persone in grado di acquistare anche beni di prima necessità.
Il debito pubblico intanto aumenta e lo Stato, come estrema soluzione, taglia le spese sanitarie (i nostri ospedali sono continuamente in stato di emergenza), non sostiene i disoccupati (dicesi esodati) e non si preoccupa di aiutare le popolazioni colpite da disastri naturali e non (L'Aquila, Taranto).
In ultima istanza, anche i soldi dedicati al finanziamento delle imprese non esistono più: quelle statali vengono privatizzate (Poste Italiane) e quelle private vanno all'estero, dove il costo del lavoro è minore (Alcoa).

Vedete quanto il problema dell'ecosostenibilità sia attuale?

Esistono, ovviamente, anche delle soluzioni, ma questo articolo mi sembra già abbastanza lungo da proporvele in questa sede.
A breve parlerò dell'esigenza di sostituire i combustibili fossili con energie rinnovabili, di ridurre il consumo di energia per poterla meglio distribuire anche nelle zone meno ricche del mondo, dell'importanza di mangiare alimenti prodotti nel nostro territorio e di limitare al minimo il consumo di carne.
Ma soprattutto parlerò della teoria della decrescita, di cui vi accenno il principio fondante.

Abbiamo detto all'inizio che la ricchezza di un Paese viene misurata in base ad un regolatore, il PIL, che indica quante merci vengono prodotte e vendute. Come dice giustamente il Professor Maurizio Pallante, Presidente e Teorico del Movimento Nazionale per la DecrescitaFelice, se in Italia ci fosse un'epidemia e fossimo costretti a comprare una grande quantità di farmaci, il PIL crescerebbe ma ciò non porterebbe ad un miglioramento della qualità della vita
E ancora: se ognuno soddisfacesse il proprio fabbisogno alimentare coltivando un orticello, mangeremmo prodotti non trattati con pesticidi a base di petrolio, non innaffiati con acqua inquinata e non lavorati con macchine agricole energivore. Il PIL diminuirebbe perché nessuno avrebbe bisogno di acquistare prodotti alimentari, ma la qualità della vita sarebbe ben lungi dal peggiorare.
Forse allora non è detto che incrementare la produzione dei beni per aumentare il PIL sia la soluzione migliore per i cittadini. O no?

A presto.

Ascolto consigliato:


2 commenti:

  1. complimenti! Articolo interessantissimo, hai letto "Meno e meglio" di Pallante per caso?

    A.

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  2. Grazie mille!
    No, non l'ho letto. Me lo consigli?

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