martedì 30 ottobre 2012

Lucernario - José Saramago

Amanti di Saramago, siete avvisati: di questi tempi entrando in libreria rischiate l'infarto
Cosa succede, infatti, a uno che vede un volume col nome del famosissimo autore portoghese sullo scaffale delle Novità
Per chi non lo sapesse, Saramago è morto nel 2010.
La cosa migliore da fare è rimanere calmi e osservare meglio la copertina, che recita: il romanzo perduto del Premio Nobel per la letteratura.

E' successo questo: nel 1999 una casa editrice ha ritrovato un manoscritto consegnato nel lontano 1953 da un ragazzo di trentun'anni. Il giovane José era un meccanico figlio di analfabeti e privo di studi universitari, ma credeva molto nel suo sogno; aspettò una risposta per molto tempo, poi capì che l'editore non lo avrebbe mai contattato e non la prese molto bene.
Quarantasei anni dopo è arrivata la telefonata tanto attesa, ma ormai era troppo tardi: quello che era diventato un grande scrittore è andato a riprendersi il manoscritto e non ha voluto che lo pubblicassero finché fosse stato in vita.
E poi è morto. Cose che succedono a tutti. E ora eccolo là, ad ammiccare dall'alto di uno scaffale come se fosse ancora tra noi.

In effetti è come riviverlo: la capacità di tratteggiare personaggi anche molto diversi tra loro, di indagarne le intenzioni più nascoste, di dare un senso ad ogni loro gesto o sguardo è già evidente, anche perché al centro del romanzo c'è la famiglia con le sue dinamiche complesse da capire e soprattutto da descrivere. 
Saramago mette in discussione il principio e i valori che ci portano a scegliere di innamorarci, di sposarci e avere dei figli. La giovane età dell'autore, quindi, non si avverte dallo stile, già maturo e riconoscibile, ma dalla convinzione che l'amore, essendo una scelta, come tale possa essere più o meno ponderato o giustificato.

Le realtà che possono nascere dalla scelta di amare qualcuno sono le più varie: nel romanzo sono comprese nell'abbraccio immaginario di un condominio, dove persone completamente diverse tra loro devono convivere e sono costrette, loro malgrado, a dividere un pezzetto della propria esistenza con gli altri.
A volte è l'invadenza di un vicino che ti fa qualche domanda quando esci di casa, a volte è il suono dei passi al piano di sopra a denunciare che la signora è ancora sveglia: non c'è modo di sottrarsi alla curiosità altrui e ognuno interpreta i rumori dell'altro come vuole, attribuendogli significati che spesso esistono solo nella sua testa.
Nel condominio in questione la tensione è palpabile, la curiosità è tanta e tutti parlano di tutti.
Credibile, direi.

La prima famiglia ad essere presentata è anche quella che farà da colonna sonora del racconto e incarna l'amore positivo e duraturo nel tempo: Silvestre è un calzolaio e Miriana è la sua gigantesca moglie. 
Sono loro ad introdurre un altro personaggio chiave: il giovane Abel, vagabondo tuttofare, occuperà una delle loro stanze per contribuire col suo affitto alle spese quotidiane.
Abel cerca continuamente di sottrarsi ai legami perché li trova vuoti e privi di scopo, ma non può evitare di affezionarsi molto a Silvestre e il loro rapporto emula quello tra un padre ed un figlio: sentimentalmente vicini, saranno sempre separati da un modo diverso di intendere la vita, l'uno rassegnato al passato e l'altro in lotta col futuro.
Nella paura di affrontare ciò che verrà e nella polemica nei confronti di chi ha già vissuto, tipica di chi deve vivere ancora, si intravede José ragazzo mentre scrive il suo romanzo.

Il rapporto filiale è stravolto nel caso di Emìlio e di suo figlio Henriquinho: tra loro troneggia Carmen, moglie tutt'altro che devota e madre isterica. 
Il bambino è l'unico punto di contatto tra una spagnola che vorrebbe tornare indietro nel tempo per sposare il cugino ricco e un rappresentante stanco di tutto, consapevole che il suo matrimonio è stato un errore e che per questo non riesce ad avere nemmeno un contatto col frutto del suo amore morto da tempo. 
Henrique è troppo piccolo per capire certe dinamiche, ma ci viene presentato con l'acume e la sensibilità tipici dei bambini, capaci di intuire una situazione complessa e condannati ad esserne influenzati per il resto della vita. 
In lui c'è forse José bambino, gli occhioni spalancati ad osservare gli adulti di cui scriverà nei suoi libri.

Anche Maria Claudia, che vive con i genitori Anselmo e Rosalìa, conserva il diminutivo infantile di Claudinha, ma piccola più non è: i suoi la trattano come una ragazzina da educare, alla quale vietare ciò che è sconveniente e per la quale desiderare un buon lavoro e un marito. 
Ciò però non crea problemi alla ragazza che, anche se giovane, è donna fatta e finita per quanto riguarda consapevolezza e intenzioni. Pur non possedendo ancora il garbo della donna matura, sa perfettamente di essere molto bella e di avere un forte ascendente su chi la circonda: riesce sempre ad ottenere quello che vuole e si fa le unghie sui genitori, ai quali dice ciò che vogliono sentirsi dire mostrandosi come la figlia che loro credono di aver educato.

A volte, invece, sono i genitori a sfruttare i figli per il proprio profitto. 
Nel caso di Lidia, per esempio, femminilità e sensualità sono fondamentali non solo per la sua sopravvivenza, ma anche per quella della madre. Quest'ultima sa che la figlia abita in una casa acquistata e ammobiliata dal suo amante, un ricco imprenditore che la mantiene e le procura ciò di cui ha bisogno, per cui si presenta a casa sua un paio di volte al mese per riscuotere un vero e proprio mensile, interessandosi alle sorti della ragazza solo se l'ipocrisia lo richiede.
Lidia vive molto male la sua condizione, non tollera di dover vendere il proprio corpo per andare avanti ed è additata da tutti i condomini, ma forse proprio per questo non riesce a fare a meno della figura materna, accettandone un surrogato pur di non farne completamente a meno.

Ad unire Justina e Caetano, invece, non c'è più nemmeno un figlio: una malattia ha avuto l'accortezza di portare la loro bimba all'altro mondo, lontano da un padre sessuomane, rozzo e meschino e da una madre che ha l'unica colpa di essere brutta come la fame.
Caetano si butta su qualsiasi donna che non sia la sua ed esplode di frequente in attacchi di rabbia contro la moglie. Justina, dal canto suo, si è rinchiusa nel suo mondo e vive in una sorta di coma indotto, riemergendo solo per elaborare qualcosa da dire all'uomo che si ritrova in casa. 
Pochissimi dialoghi pieni di disprezzo per due personalità che, nonostante le apparenze, sono molto forti e cercano di sopraffarsi a vicenda: lui per maschilismo, lei per sopravvivenza.

La convivenza forzata per convenienza economica giustificata dalle parentele unisce l'ultimo gruppo familiare, quello delle anziane Amélia e Candida e delle figlie di quest'ultima, Isaura e Adriana
Due donne che hanno avuto l'amore e l'hanno perso e due ragazze non più giovanissime che non l'hanno ancora vissuto; le une concentrate sulle poche cose che servono per tirare avanti, le altre non ancora pronte a rassegnarsi e a chiudere i sogni in un cassetto, tra una ciocca di capelli e ciò che resta di una fotografia.
L'insoddisfazione non è evidente come nelle famiglie vicine perché le quattro sono legate da un affetto sincero, ma è lì, strisciante, la speranza di una vita migliore che avvelena i pochi momenti belli di una giornata. 
Non ce n'è abbastanza per dire di aver vissuto e loro lo sanno.

Un lucernario è un'apertura più piccola di una finestra che si apre sul soffitto per far entrare un pò di luce in una stanza. 
Abel è sul tetto del condominio, col naso appiccicato al vetro: se ne stà appollaiato a guardare cosa fanno gli altri per adattarsi al modo strano che ha la vita di metterci davanti ai nostri desideri come se ci guardassimo in uno specchio deforme.
Tutto ciò che credevamo indispensabile per essere felici, l'amore in primis, obbedisce a regole oscure. Il legame tra un padre e un figlio può diventare una catena che ci cade addosso quando tentiamo di rialzarci, un marito e una moglie si scoprono sconosciuti che viaggiano in direzioni opposte, bisogna difendersi da sorelle e madri pericolose.
Stiamo insieme lo stesso, aggrappandoci alle convenzioni, stretti sotto il lucernario per cogliere un raggio di sole. Abel ci guarda dall'alto e sa che prima o poi dovrà scendere a farci compagnia, quando gli ideali cederanno il passo all'istinto. Ci chiede che senso abbia tutto questo e perché dovrebbe scendere dal tetto, ma non abbiamo risposte da dargli.

Lenta, dal lucernario, cade la notte con le sue stelle, a riposarsi su occhi stanchi di vedere e a confermarci l'unica certezza: il buio.

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