martedì 25 settembre 2012

Europa si, Europa no


Come mai si parla tanto di abbandonare l'euro? Sarà vero che essere entrati in Europa ci ha fatto più male che bene?
Tentiamo di dare una risposta semplice a queste domande.

L'euro è la moneta unica degli Stati che fanno parte dell'Unione Europea e noi siamo stati i primi ad adottarlo nel lontano 1999
Per moneta unica si intende una moneta che viene utilizzata in tutti gli Stati che hanno deciso di adottarla (la cosiddetta Eurozona): quando si viaggia in questi Paesi non bisogna cambiarla con quella del posto, se ne usa una sola.
Non siamo solo tra i primi che l'hanno adottata: quando l'UE è stata fondata ovviamente prevedeva anche la costituzione di una Banca, la famosa Banca Centrale Europea. Noi siamo tra gli Stati che hanno fornito una somma maggiore di capitali a questa banca (12,50%), insieme a Germania (18,94%) e Francia (14,22%). In realtà i soldi ce li hanno messi le Banche Centrali Nazionali: la nostra Banca d'Italia, la Banque de France e la Bundesbank.
Siamo quindi tra gli Stati che hanno versato più capitali in questa impresa: in tre arriviamo al 45,66%, mentre tutti gli altri Stati che hanno adottato l'euro arrivano ad un altro 24,31%
Poi ci sono Stati che sono entrati nell'Unione, ma senza adottare l'euro. Ad esempio l'Inghilterra, che pur continuando ad usare la sterlina ha versato il 14,51% del capitale attraverso la sua Bank of England.
Adottare l'euro non significa avere una politica finanziaria unica: quella è ancora legata alla politica nazionale, per cui se una moneta è forte o debole è responsabilità delle decisioni dei politici di ogni Paese.

Parentesi: cosa significa che una moneta è forte o debole? 
Intuitivamente uno pensa che sia meglio se la propria moneta è forte, ma non è proprio così.
Per valutare quanto vale una moneta, si paragona il suo potere d'acquisto con quello di un'altra moneta: ad esempio, se con un euro posso comprare tre pesche e lo stesso posso fare con un dollaro, il tasso di cambio tra un euro e un dollaro sarà di uno a uno. Insomma, se vado in America e devo cambiare un euro per comprarmi il magnete della Statua della Libertà andrò dal cambiavalute e lui mi darà un dollaro.
Ora mettiamo che l'economia americana cominci a svilupparsi più velocemente della nostra: dopo un pò le loro pesche costerebbero di più, perché circolerebbero più soldi. Dunque il dollaro diventerebbe più forte dell'euro, nel senso che mentre con un euro si continuerebbe a comprare tre pesche, con il dollaro se ne comprerebbero di meno, perché le pesche costerebbero di più in America che non in Italia.
Bene, quindi avere una moneta forte spinge a importare merci da Paesi dove la moneta è più debole, così si possono comprare più prodotti di quanto non si potrebbe fare nel proprio Paese.
E noi? Noi esporteremmo di più e poiché la nostra moneta sarebbe più debole di quella degli altri cominceremmo a produrre le nostre cose con materie prime del nostro Paese per non doverle comprare da altri e risparmiare, oltre a impiegare lavoratori italiani per la produzione, col risultato di far fiorire la nostra economia e favorire l'occupazione.
Allora meglio avere una moneta debole? Dipende.
In Italia abbiamo una buona quantità di materie prime, quindi riusciamo ad essere autosufficienti in situazioni in cui dobbiamo limitare le importazioni.
Certo, ci sono alcune cose che non possiamo smettere di chiedere ad altri Paesi con una moneta più forte e che quindi hanno prezzi maggiori dei nostri. Il petrolio, ad esempio, in Italia praticamente non c'è: se vogliamo continuare a fare benzina dobbiamo chiederne a qualcuno che ne abbia, pagando prezzi alti. Il rincaro dei prezzi porta ad uno dei problemi che dovremmo cercare di evitare il più possibile: l'inflazione
In ogni caso possiamo dire che il nostro è un Paese da moneta debole, perché a parte alcune eccezioni (risolvibili, in verità) qui abbiamo tutto ciò che ci serve per vivere decentemente. Ce ne sono altri in cui le esportazioni sono fondamentali, come l'Islanda, dove di materie prime ne hanno ben poche e la crisi ha creato non pochi problemi.

Il fatto che oggi nell'Eurozona abbiamo tutti la stessa moneta evita che ci siano troppe fluttuazioni nei tassi di cambio, ovvero che il potere d'acquisto della valuta di un Paese sia troppo diverso da quello della valuta di un altro Paese. O almeno, dovrebbe evitarlo.
In realtà a causa della crisi in un Paese come l'Italia, la cui economia ristagna ormai da dieci anni, circola meno moneta e un italiano può comprare meno pesche in Italia rispetto a quelle che può permettersi un tedesco in Germania. Ecco perché si sente dire spesso che l'euro non è altro che un marco travestito: la Germania già prima della costituzione dell'Unione Europea aveva una moneta molto più forte della nostra povera lira e da sempre abbiamo il fiato sul collo perché la nostra economia diventi forte quanto la loro, in modo da non creare troppe differenze tra uno Stato e un altro
Molti sono stati i tentativi della Merkel in questa direzione e sempre gli stessi i suoi consigli: tassare la popolazione italiana, effettuare dei tagli alla spesa pubblica (quindi anche ai servizi, alla sanità, all'istruzione) pur di fare cassa, prestarci soldi e chiedere la restituzione degli interessi in tempi brevi. 
Questo concetto vi sarà più comprensibile se leggerete il mio post sul debito pubblico.
L'ultima novità è il famoso Fiscal Compact: il Patto di bilancio europeo voluto principalmente dalla Germania e firmato il 2 marzo 2012. Esso prevede: l'impegno ad avere un deficit pubblico che non superi lo 0,5% del PIL; l'obbligo per i Paesi con un debito pubblico superiore al 60% del PIL di rientro entro tale soglia nel giro di vent'anni; l'obbligo per ogni Stato di correggersi e di imporsi delle scadenze nel momento in cui non è in grado di raggiungere gli obiettivi di bilancio concordati; l'impegno a inserire le nuove norme nella Costituzione o nella Legislazione nazionali; l'obbligo di mantenere il deficit pubblico al di sotto del 3% del PIL, pena sanzioni automatiche.
Per rispettare questi obblighi l'Italia non può fare altro che chiedere prestiti ad altri Stati e i soldi che ne ricava, invece di spenderli per far crescere il Paese ed uscire da questa situazione di impasse generale, o almeno per assicurare un sussidio di disoccupazione ai propri cittadini, li deve usare per ripagare gli interessi sui prestiti passati.
Come è evidente, siamo in una situazione senza uscita. E non lo dico io, ma i Premi Nobel Kenneth Arrow, Peter Diamond, William Sharpe, Eric Maskin e Robert Solow in un appello rivolto al Presidente americano Obama.

Certo, avrete sentito dei fondi che la BCE ci ha messo recentemente a disposizione. Del Piano pensato per i PIGS abbiamo già parlato su questo blog, ma c'è da aggiungere una cosa importante: il pericolo del fallimento non pende solo sulla nostra testa, ma anche e soprattutto su quella di Grecia, Spagna et similia. Già i soldi elargiti finora per salvare la Grecia sono tanti, ma sono uno scherzo se si pensa a quelli necessari per la Spagna. Non è possibile che bastino per tutti.
La differenza è che se falliscono loro è un disastro, ma se falliamo noi è semplicemente una catastrofe: essendo tra i principali fautori dell'Europa, l'Eurozona è invasa dai nostri titoli e se dovessimo fallire essi diventerebbero carta straccia, provocando grosse perdite in tutti i Paesi che li hanno acquistati e determinando, se non la fine dell'euro, almeno un forte ripensamento della moneta unica.

Non che queste problematiche non fossero state previste dai più prudenti quando l'Europa è nata, ma all'epoca ci si immaginava la nascita degli Stati Uniti d'Europa, cioè di un gruppo di Stati con una sola politica finanziaria. Le cose sono andate diversamente e oggi grande affidamento si fa sui politici di ciascuna nazione, che devono dimostrare di essere in grado di risollevare la propria economia negli interessi degli altri Paesi.
Quando è caduto il governo Berlusconi eravamo in piena crisi e in molti lo avevano pregato di andar via perché i mercati erano crollati: in pratica gli investitori non gli attribuivano nessuna capacità di risollevare il Paese, quindi si vendevano i titoli italiani alimentando la nostra crisi perché pensavano che di lì a poco non avrebbero avuto più valore. 
Anche oggi si parla tanto della necessità di tenersi Monti al governo per rassicurare i mercati sugli sforzi che stiamo facendo e questo non fa altro che aumentare la rabbia degli italiani, costretti da un branco di politici inermi e da un tecnico banchiere a pagare più di quanto non abbiano, a perdere il lavoro e a ritrovarsi senza casa pur di ripagare interessi su prestiti che non hanno chiesto e che non li aiutano a ripartire facendoli sprofondare sempre di più nella crisi.

Non credo di prendere in esame solo le mie idee, visto che il premio Nobel per l'Economia del 2011 Paul Krugman ha definito le politiche economiche europee fallimentari
In Francia un francese su tre ha votato per uscire dall'euro, per non parlare della Grecia. Il New York Times ci ha accusati di misure economiche distruttive, mentre il Financial Times ci ha invitati a rilanciare l'economia invece di soffocarla con tasse e tagli per non favorire la fuga di capitali all'estero (cioè per non far venire strane idee a quelli che hanno un bel gruzzolo in banca e se lo vedono assottigliare a forza di tasse, per cui se lo portano in Svizzera alimentando l'evasione fiscale, che bene non fa). Il giornale tedesco Handelsblatt non le manda a dire e ha affibbiato a Monti il soprannome di pinocchio perché ha dichiarato di aver pareggiato il bilancio, ma non è vero.
Dal canto suo, il nostro super tecnico ha ammesso di aver sottovalutato la crisi e che la caduta del PIL è tre volte superiore a quanto lui non avesse previsto. Non per questo ha eliminato l'aumento dell'IVA che scatterà ad ottobre e nulla fa pensare che abbia deciso di cambiare approccio. 

Parte della colpa ce l'hanno le agenzie di rating, che dalla sera alla mattina hanno declassato di parecchio i titoli sovrani della Grecia, con l'unica conseguenza di aggravare la crisi greca: gli investitori hanno rivenduto i titoli greci che avevano, una volta classificati come validissimi e improvvisamente trasformatisi in carta straccia. Inoltre nel momento in cui hanno svalutato i titoli della Grecia, perché non hanno evidenziato che la crisi stava avanzando svalutando anche quelli italiani? 
Se continuano a dare una valutazione eccellente ai titoli dei Paesi in difficoltà non adempiono al loro compito principale: informare gli investitori sui rischi che corrono acquistando un titolo piuttosto che un altro, in modo da permettere reazioni graduali del mercato e una presa di coscienza altrettanto graduale da parte dei cittadini.

Chiarito che uscire dall'euro non significa uscire dall'Europa, rimane il fatto che per fare affidamento sulla moneta unica dobbiamo risolvere alcuni problemi legati agli obblighi che l'Europa (diciamo pure la Germania) ci impone, obblighi che invece di aiutarci in un momento di crisi non fanno altro che peggiorare la nostra situazione.
Onde evitare di finire come la Grecia, diverse soluzioni sono state proposte da chi proprio non ci sta ad uscire dall'euro: nel prossimo post cercheremo di immaginare cosa potrebbe accadere se tornassimo ad una moneta italiana e vedremo quali altre prospettive possiamo considerare pur di continuare ad utilizzare la valuta europea.

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domenica 23 settembre 2012

Adotta un consigliere regionale



Lo scandalo Fiorito continua a far parlare di sé: dopo che la Polverini ha dichiarato di non volersi dimettere è partita una raccolta firme promossa dal capogruppo Pd in consiglio regionale, Esterino Montino, condivisa da Idv, Sel e Verdi con l'obiettivo di ottenere le dimissioni dei consiglieri regionali del suo partito
Si, avete capito bene: visto che quelli del PdL non se ne vanno, i consiglieri del Pd si immolano per far cadere la giunta della Polverini. Non semplicemente dimettendosi, ma chiedendo una raccolta di firme per essere sicuri che siano tutti d'accordo.

Montino non è comunque esente da critiche: oltre a dire che quando Fiorito rubava lui non c'era o se c'era dormiva, ha cercato di giustificare i 4.500 euro spesi in un'enoteca per l'acquisto di alcuni vini pregiati come aiuto per i bambini in difficoltà
Per la serie: bevi che ti passa. E coi soldi pubblici è più bello.
Inoltre per far cadere il Consiglio dovrebbero dimettersi 36 consiglieri su 71: il Pd ne ha 14, tutta l'opposizione arriva a 27 e, ammesso e non concesso che Montino&CO riescano a tirarsela dietro, insieme all'Udc si arriva a 35.
Se la matematica non è un'opinione, ci stanno di nuovo prendendo per il ... ehm ... in giro, ecco.

Quelli del Lazio però non sono gli unici a fare la bella vita a spese nostre: sappiamo già di casi analoghi con la giunta siciliana di Raffaele Lombardo (20 miliardi di euro buttati al vento) e di quella lombarda di Roberto Formigoni (7 milioni di euro sottratti alla sanità e altri 11 consiglieri coinvolti). 
A vedere un collegamento tra le indagini, anche PdL e Lega, che giovedi 20 hanno presentato una mozione perché i bilanci dei gruppi consiliari e dell'Ufficio di presidenza lombardo siano "ancora più trasparenti" attraverso controlli ad opera di società estranee al partito, mozione sostenuta dal Pd.

C'è chi dice che è un pò tardi, soprattutto considerando che ciò non cambierà la situazione generale delle mega somme consentite ai consiglieri regionali: quelli italiani sono tra i politici più ricchi del mondo.
In questa tabella, ecco i più ricchi:


La regola base è che un consigliere regionale possa prendere fino al 65% dello stipendio di un parlamentare. 
Ognuno l'ha interpretata a modo suo: da una parte gli abruzzesi sono al 55%, dall'altra, per esempio in Valle D'Aosta e Friuli, si arriva al 70%. 
Alla paga si aggiunge la diaria, cioè i soldi esentasse previsti per le spese di ogni consigliere anche se esse non vengono effettuate; viene poi calcolata la distanza tra la sede della regione e l'abitazione del consigliere per corrispondergli il rimborso chilometrico senza che egli debba presentare alcuno scontrino. 
I benefit non mancano: in Campania dal 2010 ogni membro dell'Assemblea Regionale ha il telepass, il computer, l'iPad e... il frigobar
Il rimborso per i collaboratori (o portaborse che dir si voglia) arriva a 4.178 euro, anche se il consigliere non ne ha assunto uno
L'indennità, cioè lo stipendio senza rimborsi e diarie, cambia a seconda delle responsabilità: tra un consigliere "semplice" e un governatore o presidente del consiglio c'è una differenza di 4.163 euro al mese.

Secondo il Sole 24ore, ogni consigliere regionale costa allo Stato 743mila euro all'anno. 
Spiccano per retribuzione proprio Formigoni e Lombardo. Almeno uno di loro si è dimesso.
Per avere un'idea di quanto questi soldi siano ben spesi, vi propongo una tabella di Panorama che, oltre a calcolare gli stipendi dei consiglieri Regione per Regione, evidenzia quante poche sedute essi abbiano tenuto nei primi tre mesi di quest'anno.

L'ultima Regione a deliziarci con uno scandalo simile a quello del Lazio è la mia: la Campania. Anche qui è stata avviata un'inchiesta che si basa su alcune intercettazioni disposte per un'altra inchiesta su reati contro la pubblica amministrazione in cui sarebbe coinvolto uno dei consiglieri. 
Il pm Giancarlo Novelli della Procura di Napoli ha aperto un fascicolo per ipotesi di peculato sotto la direzione del Procuratore aggiunto Francesco Greco
Il danno sarebbe di oltre 6 milioni di euro l'anno: i fondi regionali destinati ai partiti sarebbero stati dirottati sui conti personali di alcuni consiglieri e spesi in modo irregolare.
Venerdi 21, cioè due giorni fa, le Fiamme Gialle hanno perquisito gli uffici della Regione Campania per ricostruirne il bilancio degli ultimi anni e hanno chiesto alla Presidenza del Consiglio una relazione sulla modalità di rendicontazione della varie voci. Si sa già che i fondi sospetti sono tre: quello per le "spese di funzionamento dei gruppi consiliari", quello per la "comunicazione dei gruppi consiliari" e quello per "l'assistenza alle attività istituzionali".

Il presidente del consiglio regionale della Campania, Paolo Romano (PdL), si vanta di aver tagliato di 21 milioni di euro i costi della politica (si, pure lui), oltre a prevedere un risparmio di 86 mila euro per quest'anno rispetto a quello passato. 
Secondo lui, la cifra di un milione di euro all'anno per i consiglieri è equa, frigo bar compreso. Ha comunque convocato una riunione per il 26 settembre: all'ordine del giorno ci sarà anche un nuovo regolamento per la ripartizione dei fondi tra i gruppi.
Nonostante le dichiarazioni di serena collaborazione con le forze dell'ordine da parte di Romano e del Presidente della Regione Campania Stefano Caldoro, potrebbe andare anche peggio che nel Lazio. La differenza tra lo scandalo campano e quello laziale, infatti, è che quest'ultimo coinvolge "solo" i componenti del PdL, mentre in Campania ad essere sotto inchiesta sono tutti e nove i gruppi che compongono il Consiglio: 60 membri con 88 collaboratori diretti e 15 commissioni con 75 addetti.

La cosa buffa è che il finanziamento pubblico ai partiti è stato deciso per evitare che si ripetessero gli scandali legati a politici che godevano di soldi dei privati per il finanziamento delle loro campagne elettorali.
Siamo nel 1974 quando il senatore di Democrazia Cristiana Trabucchi facilita il monopolio del mercato delle banane da parte del grossista Assobanane, che aveva finanziato il suo partito. 
La legge Piccoli n.195 dello stesso anno prevede che i soldi ai partiti li dia lo Stato, in modo che i privati non possano essere favoriti dai politici che aiutano economicamente. Dopo lo scandalo Tangentopoli del 1993, però, ci accorgiamo che la cosa non funziona: i Radicali propongono un referendum per l'abolizione della legge, che ottiene il 90,3% dei voti a favore
Nonostante il voto degli italiani, il problema è rimasto: gli stessi soldi che prima i partiti percepivano come finanziamento, ora li prendono come rimborso per le spese sostenute durante le campagne elettorali (legge n.157 del 1999). Una quota di questi soldi è dedicata alle Regioni ed è ripartita in base ai voti ricevuti.

Oltre a definire irregolare il modo in cui i nostri consiglieri spendono i nostri soldi in giro per il Bel Paese, dovremmo notare quanto lo sia il solo fatto che i nostri soldi si ritrovano nelle loro tasche. 
A Monti, che parla di spending review e di Piani contro l'uscita dall'euro ma non trova cinque minuti per commentare la ruberia vergognosa di questi signori, faccio una proposta. Si potrebbe prevedere un rimborso anche per gli elettori, da elargire ogni volta che un euro dei nostri soldi viene speso per cene, alberghi, interviste in radio e in tv ed escort. 
In pochi mesi questo tornerebbe ad essere un Paese di ricchi.

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venerdì 21 settembre 2012

Scandalo Fiorito: tutti i protagonisti



Franco Fiorito, ex capogruppo del PdL in Regione Lazio, in questi giorni è al centro di uno scandalo che coinvolge anche gran parte della giunta. 
Ho deciso di fare un pò di chiarezza, visto che di articoli sul fatto ne escono uno al minuto e chiunque perderebbe il filo.

Cominciamo dal soprannome, così inquadriamo il personaggio: una volta fu capace di cadere da una Harley ferma.
Da allora lo chiamano Er Batman.

C'è un'indagine che vede Er Batman accusato di peculato, cioè il reato che commette un incaricato di pubblico servizio quando si appropria del denaro altrui. 
Ad aprire le danze sono state due segnalazioni: una della Banca d'Italia e precisamente dell'Unità di informazione finanziaria, l'ufficio che combatte il riciclaggio e sorveglia i flussi sospetti di denaro; l'altra, di alcuni membri del gruppo che avevano già evidenziato la cattiva gestione dell'ex presidente all'assemblea regionale.

I conti incriminati da Bankitalia sono: due presso l'Unicredit, uno alla Deutsche Bank di Piazza Venezia, uno all'Mps in Via del Corso, uno alla Banca popolare del Lazio e quattro a Tenerife, dei quali due intestati a lui e due a suo padre.
Nei mesi in cui il capo era lui, Er Batman avrebbe dirottato su di essi 730mila euro con 109 bonifici: soldi della cassa della Regione, quindi soldi pubblici.

Come lui stesso ha gentilmente descritto, il procedimento era facile: il governatore e la giunta fissavano il budget per l'anno finanziario in corso, che poi veniva dettagliato nelle singole voci. In seguito esse venivano ritoccate, tagliando i fondi per i trasporti, la scuola e la sanità per andare a rimpinguare quella dedicata al "rapporto tra elettore e eletto".
Ciò sarebbe possibile grazie alle modifiche operate da Mario Abruzzese, Presidente del Consiglio Regionale e artefice del sistema per il quale i fondi che prima i consiglieri potevano richiedere in occasione di progetti sul territorio come sagre e mostre ora servono a pagare lo stipendio dei collaboratori e per il funzionamento delle strutture nelle quali essi operano.
Le somme venivano poi utilizzate per ben altri fini e, per usare le parole di Batman, regolamente rendicontate: alberghi di lusso, cene luculliane, escort e via discorrendo. 
Fiorito & CO hanno dilapidato 21 milioni di euro di finanziamenti pubblici tra il 2011 e i primi mesi di quest'anno.

Le prime notizie in merito le abbiamo avute l'11 settembre scorso, quando "Il Messaggero" ha pubblicato la notizia dell'apertura delle indagini. Mercoledi 12 è arrivata la notizia dell'iscrizione nel registro degli indagati di Fiorito. 
Il 14 la Guardia di Finanza ha perquisito l'ufficio del PdL alla Regione Lazio per cercare di ricostruire la contabilità e Fiorito si è autosospeso dal partito ma ha respinto le accuse, sostenendo di non aver commesso alcun reato perchè aveva giustificato tutte le spese e poi perché "lo fanno tutti".
Non contento, in questi giorni ci propina dichiarazioni secondo le quali lui sarebbe la vera vittima del sistema, perché 18 luglio di quest'anno aveva scritto una lettera alla Governatrice Polverini per denunciare le spese pazze dei suoi colleghi, ma senza ricevere risposta.

Intanto pubblichiamo le sue, di spese pazze, con un grafico di Franco Bechis su "Libero":


Tenete conto che Batman aveva già diritto a 8.100 euro di stipendio mensile, 4.190 di diaria, 3.000 per le spese del personale, 8.000 per la presidenza del gruppo regionale, 8.000 per la presidenza della Commissione Bilancio e 21 mila per il funzionamento del gruppo (ottimo lavoro...). Totale: 51 mila euro. Netti, si capisce.
Ha anche tentato di giustificare le sue spese, con l'ovvio risultato di rendersi ridicolo. Del SUV di cui ha cominciato a pagare le rate di tasca sua solo un mese fa aveva proprio bisogno, della Smart acquistata coi soldi del partito dice che la prestava ai colleghi perché lui non ci entrava, la vacanza in un resort di lusso in Sardegna gli serviva per ricaricarsi dopo un periodo molto stressante
In merito ai conti in Spagna, poi, afferma: "ho purtroppo ereditato quattro anni fa, per la morte di mio padre, due appartamenti e un terreno con delle ville in costruzione a Tenerife", e aggiunge "Ho deciso per motivi miei di versare lo stipendio per un periodo dell'anno in quella città. L'unico sbaglio che ho fatto è non averlo scritto nella dichiarazione dei redditi".
Uno non si può distrarre un secondo.

Durante gli interrogatori condotti dal Magistrato Alberto Caperna e dal suo sostituto Alberto Pioletti della Procura di Roma, Fiorito ha presentato le fatture truccate e sono spuntati i nomi di Lidia Nobili, Carlo De Romanis, Veronica Cappellaro, Chiara Colosimo, Andrea Bernaudo, Angelo Miele, Romolo Del Balzo e Francesco Battistoni.
Quest'ultimo, in particolare, è tra quelli che avevano accusato Fiorito di cattiva gestione e fino al 19 settembre lo aveva sostituito a capo del gruppo. Chiamato in causa dalla Guardia di Finanza, ha rassegnato le sue dimissioni.
Per quanto riguarda gli altri, vogliate gradire l'infografia del Fatto Quotidiano:


Nel 2011 sono entrati 2.735.502 euro nelle casse della Regione Lazio ma ne sono usciti 3.110.326. Il bilancio è rimasto in attivo solo grazie all'avanzo dell'anno precedente.

L'altra grande protagonista dello scandalo è ovviamente la Governatrice Renata Polverini, a suo dire all'oscuro della cosa, nonostante la lettera di cui sopra. Forse per distrarsi dalle accuse si è concentrata sull'approvazione della sua proposta per i tagli ai costi della politica: oggi se ne è discusso oggi a partire dalle 11 e 30 nel Consiglio Regionale del Lazio e sono state approvate l'eliminazione di 8 commissioni consiliari su 16 e l'abolizione delle tre commissioni speciali nate nel 2010, per un totale di 20 milioni di euro risparmiati.
Angelino Alfano, Segretario del PdL, ha detto che la Polverini nello scandalo è parte lesa, perché sta pagando un danno di immagine per il comportamento di Fiorito. Nonostante ciò, pare che lei abbia tentato di dimettersi, ma senza riuscirci: anche Berlusconi ha espresso solidarietà nei suoi confronti e ha precisato che, se lei si dimettesse, per il Partito e la Regione sarebbe un disastro.
Intanto oggi hanno sostituito Battistoni: il nuovo che avanza, la nostra garanzia di onestà per il futuro è Chiara Colosimo.
Se vi sembra di avere già sentito questo nome è perché l'ho citata tra i consiglieri che avrebbero usato soldi pubblici per i propri comodi.

Menomale che dall'altra parte abbiamo Renzi, l'altro nuovo-che-avanza, già coinvolto nello scandalo Lusi in cui a regalare soldi pubblici era la ex Margherita.
Menomale che chi cerca di abolire i finanziamenti pubblici ai partiti viene accusato di essere antipolitico e populista.
Menomale che siamo ricchi e ci possiamo permettere di pagare super stipendi a chi va in giro in SUV e ha una decina di case sparse per il mondo mentre c'è gente che non sa cosa mettere a tavola.

Scusate, ho un attacco di demagogia.

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giovedì 20 settembre 2012

Homo homini lupus


Ieri avevo un pò di tempo libero e ho rispolverato un libricino che era in libreria da qualche mese: Il banchiere anarchico di Fernando Pessoa.
Sono una sessantina di pagine in cui una discussione tra due amici diventa il pretesto per una lunga dissertazione filosofica da parte di uno dei due, banchiere, nei confronti dell'altro, che in realtà funge solo da spalla per i discorsi del primo.

Il banchiere afferma uno dei principi dell'anarchia, ovvero che le convenzioni come il matrimonio, il capitale e così via siano delle finzioni sociali da  sradicare. Prima di intraprendere la carriera economica, l'uomo faceva parte di un gruppo di persone che lui definisce sincere e che, attraverso un'opera di propaganda quanto più possibile diffusa, cercavano di convincere la gente della bontà delle proprie convinzioni.
Il nostro Saul, però, viene folgorato sulla via di Damasco da una semplice riflessione. 

Mettiamo che due amici stiano camminando insieme e che ad un certo punto si trovino davanti ad un bivio. Uno deve andare a destra, l'altro a sinistra. Uno cerca di convincere l'altro a seguirlo e fargli compagnia, ma all'altro non conviene percorrere un'altra strada rispetto alla sua. Alla fine, sotto le insistenze dell'amico, accetta di seguirlo.
Cose che accadono tutti i giorni, ma che evidenziano una delle caratteristiche della natura umana: cercare di convincere gli altri a fare i nostri interessi, plasmandoli in modo tale da fargli credere che anche per loro ci sarà un guadagno finale (in questo caso, il piacere di farsi compagnia a vicenda ancora per un pò).

Chiaramente è un'estremizzazione, una delle tante che ci vengono proposte nel libro, ma se prese con la leggerezza dovuta ad una conversazione informale offrono ottimi spunti di riflessione.

Con questo esempio il banchiere introduce una domanda che forse ci siamo posti in parecchi: l'istinto di manipolare le persone e cercare di prevaricarle è proprio della natura dell'uomo o deriva da secoli di cultura umana orientati in questo senso?
Domanda da un milione di dollari.

Pessoa pensa che la seconda ipotesi sia la più credibile. 
Poi però sembra contraddirsi, perché dice che l'egoismo è qualcosa di assolutamente naturale e che non esiste azione umana che non sia orientata verso un profitto, per quanto piccolo esso sia. 

L'autore sostiene anche, attraverso le parole del banchiere, che aiutare una persona sia la dimostrazione che non abbiamo fiducia nelle sue capacità di farcela da sola e questo, a mio modesto avviso, dimostra che ci troviamo di fronte alle idee di un uomo nato nel 1888.
Infatti non è su questo che mi voglio soffermare.

Piuttosto, mi è venuto da chiedermi come questa riflessione sul genere umano si possa riportare ai nostri giorni. Qual è la maggiore espressione di egoismo orientato al profitto?

Poiché ieri sera non avevo proprio niente da fare e il libro durava troppo poco per occupare tutto il mio tempo libero, ho fatto un giro su quella miniera di informazioni, immagini e musica che è youtube e ho scovato un video caricato da poco.
The Corporation è un documentario del 2003 diretto da Mark Achbar e Jennifer Abbott che analizza lo strapotere delle multinazionali (che in America si chiamano, appunto, Corporations) all'interno delle economie mondiali.
Nel film le multinazionali sono riconosciute come personalità giuridiche: chiaramente non sono persone singole, ma gruppi di persone che perseguono uno stesso obiettivo e che godono degli stessi diritti di una persona singola, come possedere, acquistare e vendere. Partendo da questo presupposto, esse vengono analizzate nell'insieme dei loro comportamenti: dall'utilizzo spesso irresponsabile e indiscriminato delle risorse umane, ambientali ed animali alle strategie di manipolazione del cliente, quindi di altre persone.
La diagnosi finale è che la multinazionale, se fosse davvero una persona singola, sarebbe gravemente psicopatica e dovrebbe andare da uno bravo.

Non è un documentario parziale: vengono intervistati alcuni tra i CEO delle più importanti organizzazioni, soprattutto americane, con l'obiettivo di evidenziare che, come è logico, sono persone come noi. 
In particolare, uno di essi racconta una manifestazione davanti casa sua contro i danni ambientali che il suo gruppo stava causando mentre scorrono le immagini di una ventina di ragazzi con uno striscione davanti ad un uomo in jeans. Anche sua moglie è ripresa mentre distribuisce caffé ai manifestanti seduti sul prato nelle due ore di discussione che ne sono conseguite, durante le quali anche lui si era dimostrato preoccupato per l'impatto ambientale delle sue attività.
Insomma, uno di noi. Uno che ha dichiarato di essere assolutamente pronto a collaborare con il Governo qualora nuove soluzioni più sostenibili per il Pianeta fossero state proposte. Lo stesso che poi non ha impedito l'impiccagione di alcuni attivisti che lottavano contro una delle sue sedi.
Ops.

Ad ogni modo, i pensieri a quel punto mi giravano a mille in testa. 
C'è gente come noi che lavora per sistemi come quelli bancario ed economico in cui si asseconda la naturale propensione dell'uomo alla prevaricazione e allo sfruttamento dei suoi simili e di tutto ciò che lo circonda.
Un broker, sempre durante il film, afferma che l'attentato alle Torri Gemelle per lui e i suoi colleghi è stata una benedizione e che la prima reazione dopo aver ricevuto la notizia era stata chiedersi di quanto fosse aumentato il prezzo dell'oro.
Psicopatici oggi.

Altra riflessione fondamentale che nel video viene affidata a Naomi Klein, una delle migliori menti giornalistiche che abbiamo oggi in Occidente, è quella sul Brand
Un marchio ha bisogno di essere associato innanzitutto a qualcosa che fa parte del mondo reale, per cui gli si dà un aspetto riconoscibile e tridimensionale. Poi lo si umanizza, attribuendogli una personalità che è vicina ai clienti ai quali ci si vuole rivolgere.
Pensate a Mc Donald: cosa vi viene in mente a parte le salsine multicolore e gli hamburger di gatto? Chiaro: il simbolo della M fatto con le patatine giganti e il clown allegro, giovane e felice.

La cosa più triste è che dietro organizzazioni che dichiarano di avere come obiettivo finale la nostra felicità e il nostro benessere esistono delle persone singole che per lavoro inventano ogni giorno nuovi modi di prendere in giro altre persone singole, tempestandole di pubblicità su prodotti che spesso sono dannosi e sfruttano lavoro minorile o sottopagato. 
Ma per questo vi rimando ad un altro mio post.

Quindi: è l'uomo ad essere fondamentalmente cattivo o sono le circostanze a renderlo tale? E qualsiasi sia la risposta che ci sentiamo di dare a questa domanda, la prossima è: ha senso, a questo punto, pensare che il mondo possa migliorare?

Il banchiere anarchico, dopo l'illuminazione, sostiene che l'unico modo per combattere le mistificazioni della società sia dominarle
Avendo deciso di soggiogare la più importante, cioè il denaro, Saul non è diventato Paolo, né tantomeno santo: è diventato banchiere
Così, possedendo sempre più soldi, secondo lui è riuscito a distruggere il potere che essi hanno su di lui.

Non so che tipo di droghe fumassero nel 1922, ma dovevano essere parecchio pesanti.

Ascolto consigliato:



mercoledì 19 settembre 2012

Il Pianeta alternativo


Nel mio precedente post ho cercato di evidenziare la necessità impellente di sostituire le fonti non rinnovabili di energia (combustibili fossili) e di riflettere sulla nostra percezione di ricchezza intesa come capacità di acquistare più o meno oggetti.
Come promesso, oggi parliamo delle possibili soluzioni per il problema ambientale (e quindi per il continuo incremento del debito pubblico) e della Teoria della Decrescita.

Ieri ho ricevuto alcune critiche secondo le quali i dati che avevo fornito su ciò che accadrà al nostro Pianeta a causa del riscaldamento globale sono campati in aria. Sarà, ma la stessa Unione Europea stima che entro il 2020 il 20% della sua energia e il 33% dell'elettricità dovranno essere ricavati da energie rinnovabili. Le Centrali elettriche a carbone dovranno essere completamente abbandonate, mentre si guarda alle energie geotermica, eolica, solare e idraulica come alle soluzioni migliori.
Non ho menzionato né il nucleare, né l'etanolo e ho i miei buoni motivi. Li analizzo brevemente, così poi parliamo delle risorse a mio parere migliori dal punto di vista non solo dell'impatto ambientale, ma anche di quello economico.

Quando si parla di nucleare molti nominano la Francia, dove esso fornisce il 70% dell'energia, ma nessuno dice che il 40% delle risorse idrauliche francesi viene usato per il raffreddamento degli impianti anziché per la popolazione o per l'agricoltura. L'acqua espulsa inquina laghi e fiumi.
Nelle centrali nucleari, come è noto, si usa l'uranio arricchito, per ottenere il quale bisogna usare una grande quantità di energia, per cui i benefici dal punto di vista dei rendimenti sono molto inferiori a ciò che si immagina.
Occorrono sette anni per progettare una centrale, altri sette per costruirla e permetterle di produrre energia, altri sette per recuperare l'energia necessaria a costruire la centrale stessa: facendo il conto, ci vogliono ventuno anni perché una centrale possa essere effettivamente produttiva
E noi ventuno anni non ce li abbiamo.
Se propendessimo per il nucleare, dovremmo produrre circa il 20% del nostro fabbisogno energetico attraverso di esso e ciò comporterebbe la costruzione di tre centrali ogni trenta giorni per sessant'anni.
I rifiuti del nucleare non sono ancora smaltibili e le assicurazioni, da stipulare obbligatoriamente per coprire i costi di un eventuale incidente, sono costosissime. Senza considerare che le scorie potrebbero finire in mani sbagliate ed essere usate per la costruzione di bombe nucleari.
Quando una centrale diventa inutilizzabile perché troppo usurata, i costi di smantellamento sono esosi.
Se ci dovesse essere un solo incidente saremmo fregati: si stima che nell'area di Chernobyl le attività di agricoltura potranno riprendere solo tra 200 anni e l'area dove è esploso il reattore n°4 tornerà ad essere sicura solo tra 20.000 anni.
A giustificare la mia avversione contro il nucleare, comunque, basta un dato di fatto: l'uranio è una risorsa limitata, esattamente come i combustibili fossili. Tra il 2025 e il 2035 saremmo punto e accapo.

Avete presente quando la Thatcher privatizzò mezza Inghilterra? Era il 1992, non troppo tempo fa. Aveva messo sul mercato anche le centrali nucleari, ma nessuno le volle.
Che strano.

E l'etanolo?
Quello derivato dal mais, molto meno dannoso per l'ambiente dei combustibili fossili ma non per questo definibile “pulito”, è stato favorito dagli USA di George W Bush, che annunciò grossi finanziamenti per la coltivazione di mais destinato alla produzione delle biomasse (cioè i prodotti di origine forestale o agricola, provenienti quindi da colture, inclusi i residui). 
Gli agricoltori americani convertirono le loro colture di grano e soia al mais, con la conseguenza che i prodotti usati per l'alimentazione della popolazione subirono un aumento di prezzi spaventoso.
Il processo di produzione dell'etanolo richiede molta energia, per cui il rendimento è basso; al contrario, i sussidi governativi necessari al suo finanziamento sono molto alti.
Certo, si può produrre etanolo anche attraverso la lavorazione dello zucchero come fanno in Paraguay, ma ciò porta alla distruzione delle foreste.
In generale, mi pare che l'uso di colture agricole per il soddisfacimento del nostro fabbisogno energetico piuttosto che alimentare sia un grosso spreco.

Molti sostengono che la transizione da un tipo di energia da fonti non rinnovabili a quella ricavata da fonti rinnovabili sia molto costosa: esse non sarebbero prodotte da una o due grosse centrali per zona, ma praticamente ogni abitazione dovrebbe avere impianti a sé.
A questa obiezione rispondo in due modi: innanzitutto l'Unione Europea ha previsto grossi mezzi di incentivazione, quali il CIP 6/92, i Certificati Verdi, il Conto Energia Fotovoltaico, la Tariffa Onnicomprensiva per impianti di potenza inferiore ad 1 MW e i nuovi incentivi previsti dal ddl 28/2011 a partire dal 2013; a questo proposito, va segnalato che dall'anno prossimo la totalità delle emissioni di CO2 dovrà essere pagata da chi le effettua, costi che non riguarderanno i consumatori di energia pulita. 
Oltretutto una volta ammortizzati i costi di costruzione dei nuovi impianti essi renderanno molto di più di quelli attualmente utilizzati, con costi ridicoli rispetto a quelli che stiamo sostenendo adesso.
Ciò si spiega perché l'aumento continuo delle bollette, come detto, è dovuto alla scarsità delle risorse usate per la produzione di energia, che mano a mano che si esauriscono, costano sempre di più. 
Le FER (fonti energetiche rinnovabili), invece, possono essere sfruttate praticamente per sempre: nel solo deserto algerino potremmo reperire una tale quantità di energia solare da soddisfare il fabbisogno energetico dell'intero Pianeta.
Il fatto poi che ci saranno piccole centrali distribuite ovunque sul territorio porterà alla democratizzazione dell'energia: essa verrà prodotta da noi stessi e potremo diffonderla così come facciamo con le informazioni su internet.

Ciò che avete letto finora non deve portarvi a pensare che le FER non abbiano effetti negativi, perché tutto comporta delle conseguenze: l'energia idraulica ha effetti devastanti se usata in larga scala, quella eolica potrebbe nuocere all'emigrazione degli uccelli e per la costruzione di impianti fotovoltaici si usano materiali altamente nocivi. Nulla è gratis.
Per risolvere i problemi legati alle fonti rinnovabili dobbiamo cambiare mentalità: solo la conservazione dell'energia e la ponderazione nel suo uso possono soddisfare la domanda, soprattutto perché si calcola che la popolazione mondiale arriverà ai nove miliardi entro il 2050.

L'unica teoria in grado di aiutarci in questo senso è quella della Decrescita Felice, alla quale ho accennato nell'ultimo post per spiegarne il concetto base. Lo riprendo brevemente: la crescita del PIL non indica un miglioramento del nostro tenore di vita, anzi. A volte produrre di meno significa stare meglio: se uno Stato distribuisce meno farmaci, vuol dire che la popolazione è generalmente in salute. 
Sul meccanismo perverso del PIL ho trovato un video di Ascanio Celestini che definirei emblematico, oltre che divertente.



Cosa fa concretamente uno che vuole decrescere?

Intanto, rifà l'impianto di riscaldamento di casa sua. Paga degli operai con gli incentivi europei creando nuovi posti di lavoro e ammortizza il costo dei lavori grazie al risparmio che il nuovo impianto gli procura arrivando a consumare il 70% in meno rispetto a quello precedente. 
Già che c'è, fa la coibentazione delle mura e degli infissi, cioè impedisce che essi disperdano il calore generato dal nuovo impianto. 
Avete presente i doppi vetri? Ecco. 
Per il ricambio dell'aria prediligerebbe i metodi che permettono di effettuarlo senza aprire le imposte, in modo da non immettere aria fredda nell'ambiente.

Una volta ottenuta una casa di classe oro (eh si, perché le case sono classificate in base a quanto consumano proprio come gli elettrodomestici), cambia la sua vecchia auto con una ibrida, per sfruttare energia elettrica quando si sposta e usare benzina solo quando supera una certa velocità o quando si è dimenticato di attaccarla alla presa in garage.

Infine, comincia a mangiare meglio: carne e pesce una o due volte alla settimana, frutta e verdura di stagione e tanti cereali, prediligendo tutto ciò che proviene dalla sua zona e magari aquistando direttamente presso le aziende agricole anziché al supermercato.

Lo so, per un italiano ridurre il consumo di carne e pesce sembra una follia: molti dopo questo discorso entrano in analisi. Datemi una chance, in cambio vi do qualche informazione in più.

Ogni minuto un'area della misura equivalente a sette campi da football messi insieme viene deforestata per permettere la produzione di carne. I capi di allevamento consumano una quantità di cibo sufficiente a 8,7 miliardi di persone. Per produrre 1kg di carne ci vogliono 16kg di grano. Le emissioni di gas serra imputabili al settore agricolo contribuiscono per circa il 22% al totale delle emissioni, vale a dire quanto quello dell'industria e più di quello dei trasporti. Di questa quota, l'80% è dovuto all'allevamento e al trasporto degli animali da macello, quindi al solo consumo di carne è dovuto un sesto dell'effetto serra.
Vi basta?

Ovviamente se cominciassimo a mangiare meno carne dovremmo sostituirla con qualcosa di proteico, come i cereali: qualcuno potrebbe dire (e infatti lo fa) che le colture alimentari non basterebbero per tutti e dovremmo continuare la nostra opera di deforestazione per coltivare la terra necessaria a soddisfare il nostro fabbisogno alimentare. E' altrettanto ovvio, però, che non avremmo più bisogno di sfamare tanti capi di allevamento e ciò che rimane potremmo mangiarlo noi, senza tagliare nemmeno un altro albero
Soprattutto se consideriamo che già oggi la quantità di cibo che si butta in Italia equivale al 3% del PIL: uno spreco mostruoso.

Come vedete sono tante le cose che possiamo fare per il nostro Pianeta, a partire da domani stesso. Se aspettiamo ancora potremmo non avere più la possibilità di scegliere.
E' inutile trincerarsi dietro la scusa che ai Governi non interessa l'ecologia e che pensano solo a fare i propri interessi: è vero, ma non è un alibi per continuare a vivere come se niente fosse.
Pensateci: se ognuno di noi avesse fatto le stesse cose che ho attribuito al nostro omino virtuoso, la richiesta di petrolio sarebbe scesa di parecchio e forse gli USA non avrebbero dichiarato guerra all'Iraq per rifornirsene o la Cina non avrebbe impedito le azioni dell'ONU in Darfur, dove il suo principale fornitore di petrolio, il Sudan, ha provocato la morte di circa 400.000 persone.
Possiamo fare la differenza: abbiamo tutti gli strumenti per riuscirci. Solo quando prenderemo coscienza delle nostre potenzialità potremo costruire il mondo del futuro. Io lo voglio pacifico, pulito e giusto.
E voi?

Ascolto consigliato:



martedì 18 settembre 2012

Cosa stiamo facendo alla Terra?



L'obiettivo di questo post è dimostrare che esiste un collegamento tra il debito pubblico degli Stati e il fallimento della nostra economia dei materiali, cioè il sistema che ci permette di produrre e consumare i nostri beni materiali.
Riguardo al debito pubblico vi rimando al post che ho scritto in precedenza. In questa sede ci serve ricordare solo che esso è strettamente legato al PIL, cioè al rilevatore che misura le merci che vengono comprate e vendute: più un Paese viene considerato ricco, più sarà in grado di ripagare i suoi debiti e viceversa.
Lo scopo primario della nostra economia, quindi, è diventato produrre quante più merci è possibile, in modo da aumentare la propria ricchezza.
Ma ci arriviamo.

Le tappe principali dell'economia dei materiali sono l'estrazione delle materie prime, la produzione, la distribuzione, il consumo e lo smaltimento.

Per quanto concerne le materie prime, sappiamo tutti che esse sono in gran parte limitate: negli ultimi trent'anni abbiamo utilizzato un terzo delle risorse di tutto il Pianeta, l'80% delle foreste sono state abbattute e solo in America il 40% dei corsi d'acqua è diventato non potabile.
Per materie prime dobbiamo intendere soprattutto quelle che ci consentono di produrre un bene preziosissimo: l'energia. Essa viene prodotta per l'85% grazie ai combustibili fossili, cioè il carbone (26%), il gas naturale (23%) e il petrolio (40%).

Il petrolio è causa di grande preoccupazione: la metà dei giacimenti si è già esaurita (per dirlo con i geologi, abbiamo raggiunto il picco del petrolio), per cui il prezzo aumenta sempre di più e aumentano anche i conflitti causati dalla corsa agli approvvigionamenti (basti pensare all'Iraq).
Entro il 2030 la richiesta di petrolio aumenterà del 40%: oltre ad usarlo per l'energia, esso è presente nei farmaci, negli alimenti, nei vestiti... praticamente ovunque
Un terzo delle guerre civili oggi in atto sono in corso in Paesi produttori di petrolio, per cui in qualsiasi momento i loro Governi potrebbero crollare portandosi dietro la nostra economia.
Senza contare che il petrolio, insieme al gas naturale e al carbone, è tra le cause principali del riscaldamento globale.

Ma di questo parleremo dopo.

In merito alle materie prime c'è da aggiungere un'altra cosa: poiché nei Paesi più ricchi queste scarseggiano, spesso si ricorre a quelle dei Paesi più poveri. In Amazzonia vengono abbattuti 2000 alberi al minuto e gli abitanti della zona, presenti sul territorio da generazioni, non sono più in grado di sostentarsi, per cui sono costretti a spostarsi per trovare lavoro.
Condividono questo destino con circa 200.000 persone ogni giorno e molte di esse saranno costrette ad accettare lavori pericolosi e dannosi per la salute all'interno delle stesse fabbriche dove le risorse che sono state loro sottratte verranno unite a sostanze pericolose.

Siamo arrivati alla seconda tappa: la produzione.

La pratica di unire le materie prime a sostanze chimiche e tossiche ci ha portato a mettere in commercio circa 100.000 prodotti contaminati che si accumulano anche in ciò che mangiamo: uno studio recente ha rivelato che il prodotto alimentare più tossico in circolazione è il latte materno.
Negli USA le industrie ammettono di liberare 2milioni di tonnellate di sostanze tossiche all'anno, per cui spesso le fabbriche più tossiche vengono spostate nelle zone più povere del mondo, le stesse dove vengono reperite le materie prime.

Si calcola che per ogni nostro bidone di spazzatura ci siano altri dieci bidoni della stessa grandezza pieni degli scarti causati dalla produzione degli stessi oggetti che abbiamo cestinato.

A produzione ultimata, si provvede alla distribuzione: si cerca di vendere il maggior numero di prodotti possibile nel minor tempo possibile esternalizzando i costi, cioè non includendo i costi di produzione nel prezzo del prodotto.
Se ad esempio acquistiamo un computer a 100 euro, sappiamo già che i nostri soldi non possono ripagare l'estrazione delle materie prime che ci sono volute per farlo e il loro assemblaggio.
Allora chi paga?
Pagano il lavoro minorile e/o sottopagato, le persone che hanno subito il saccheggio delle loro risorse, quelle che moriranno a causa delle malattie provocate dall'inquinamento, i tagli all'assistenza sanitaria del commesso che ci ha venduto il pc.

I meccanismi non sono diversi per quanto riguarda l'energia: produrla attraverso i combustibili fossili e il conseguente incremento di CO2 nell'aria provocheranno un innalzamento del livello del mare di 7 metri e ci sono centinaia di milioni di persone che vivono al di sotto di esso (i Paesi Bassi, ad esempio, scomparirebbero).
Senza contare che cambieranno il livello di umidità e la fertilità della terra e flora e fauna saranno compromesse per sempre: molti di noi sono destinati a morire di fame, soprattutto i più poveri.
E quelli che non moriranno di fame, saranno sterminati dalla competizione per accaparrarsi le ultime risorse disponibili: conflitti armati, attentati terroristici e via discorrendo.

Rallegrati e confortati, possiamo passare alla terza tappa del nostro tour: il consumo.

Abbiamo prodotto un sacco di roba, il PIL è cresciuto e siamo tutti contenti. E ora?
E ora ci ritroviamo con una marea di merci che ci devono convincere a consumare. Ma soprattutto, i prodotti in commercio non possono essere troppo duraturi, altrimenti non sentiremmo l'esigenza di comprarne altri.
Per arrivare a questo risultato, i processi sono due:
  1. Obsolescenza pianificata: alcuni prodotti vengono costruiti in modo da diventare inutili il prima possibile. Per rimanere all'esempio di prima, qualunque pc diventa obsoleto dopo due anni;
  2. Obsolescenza percepita: bisogna far credere alle persone di avere bisogno della versione più aggiornata di un oggetto, anche se possediamo la versione precedente e funziona benissimo. La moda è un esempio perfetto: da un anno all'altro cambiano le tendenze e per rimanere al passo coi tempi bisogna cambiare guardaroba ad ogni cambio di stagione.

E' stato calcolato che il 99% dei prodotti in commercio diventa spazzatura dopo un periodo massimo di sei mesi.

Il risultato è che lavoriamo tutti molto di più per poterci permettere ciò di cui la televisione e i giornali dicono che abbiamo bisogno: abbiamo meno tempo libero adesso che non qualche secolo fa e abbiamo sempre qualche debito da ripagare.

Il consumo di petrolio, invece, si espleta per un terzo nel riscaldamento degli edifici, per un altro terzo nella produzione dell'energia elettrica e per un altro terzo nell'utilizzo del combustibile necessario ai trasporti (camion, auto, ecc).

Le centrali termoelettriche odierne hanno un rendimento del 35%: ciò significa che il 65% dell'energia viene disperso per la produzione dell'energia stessa.
Per quanto riguarda i mezzi di trasporto, essi hanno un rendimento bassissimo e spesso vengono usati male: lo sapevate che l'Italia esporta circa dieci tonnellate di biscotti al giorno in Olanda? Peccato che anche l'Olanda esporti dieci tonnellate di biscotti in Italia.
Ciò equivale a trasportare delle merci su e giù per il Pianeta senza un effettivo beneficio.
Inoltre nel mercato produttivo esistono delle assurdità non trascurabili: in America mangiano salmone dell'Alaska sfilettato in Cina. Che senso ha?

Arriviamo così allo smaltimento.

Acquistare a ritmi frenetici porta all'esigenza di smaltire tonnellate e tonnellate di rifiuti sotterrandoli oppure incenerendoli: quest'ultima soluzione ha portato alla creazione delle sostanze più pericolose che siano mai esistite. Una di queste è la diossina, che è nata appunto quando le sostanze tossiche contenute nei nostri prodotti sono state disperse nell'aria.

Il riciclaggio è un grosso aiuto per l'ambiente, ma non è abbastanza: molti materiali non sono riciclabili e alcuni prodotti sono assemblati in modo da non esserlo.
Pensate alle confezioni dei succhi di frutta: spesso sono fatte di cartone rivestito in alluminio e plastica, materiali che presi singolarmente sono smaltibili, ma nella forma definitiva non sono separabili gli uni dagli altri e finiscono nel bidone dell'indifferenziata.

La raffinazione del petrolio produce scarti in ogni sua fase e alla fine si ottiene una sorta di catrame composto da zolfo e sostanze pesanti. In Paesi particolarmente avanzati la miscela si può riutilizzare in alcuni impianti come combustibile, ma quando parlo di Paesi avanzati penso alla Danimarca... non all'Italia.

Arriviamo così al nesso tra il nostro sistema di produzione e il debito.

Partiamo da una semplice considerazione: tutti i Paesi industrializzati sono indebitati, anche i più virtuosi come la Germania. D'altra parte, se un Paese non avesse un debito da risanare non venderebbe i suoi titoli sovrani.

Proviamo ora a sintetizzare e semplificare al massimo.

Poiché le materie prime sulle quali basiamo il nostro sistema produttivo sono limitate, il loro prezzo aumenta mano a mano che diventa più difficile reperirle. Perché il prezzo del prodotto finito possa rimanere competitivo, le aziende riducono i salari e le assicurazioni dei propri lavoratori e aumentano le ore di lavoro; molte si spostano in Paesi dove i diritti del lavoratore non sono riconosciuti e dove è permesso anche il lavoro minorile.
Per abbassare i costi di produzione, si prediligono tecnologie che eliminano, per quanto possibile, l'apporto dell'uomo e sempre più persone rimangono senza lavoro.

Lo Stato si trova quindi a pagare: i sussidi di disoccupazione, le cure per le malattie dovute all'inquinamento conseguente alla produzione di elementi tossici, i costi di smaltimento delle sostanze nocive e dei prodotti non riciclabili e le spese per il risanamento dei disastri ambientali fin troppo frequenti.
Perché il sistema non crolli, le aziende devono produrre sempre di più, ma con l'andare del tempo ci sono sempre meno persone in grado di acquistare anche beni di prima necessità.
Il debito pubblico intanto aumenta e lo Stato, come estrema soluzione, taglia le spese sanitarie (i nostri ospedali sono continuamente in stato di emergenza), non sostiene i disoccupati (dicesi esodati) e non si preoccupa di aiutare le popolazioni colpite da disastri naturali e non (L'Aquila, Taranto).
In ultima istanza, anche i soldi dedicati al finanziamento delle imprese non esistono più: quelle statali vengono privatizzate (Poste Italiane) e quelle private vanno all'estero, dove il costo del lavoro è minore (Alcoa).

Vedete quanto il problema dell'ecosostenibilità sia attuale?

Esistono, ovviamente, anche delle soluzioni, ma questo articolo mi sembra già abbastanza lungo da proporvele in questa sede.
A breve parlerò dell'esigenza di sostituire i combustibili fossili con energie rinnovabili, di ridurre il consumo di energia per poterla meglio distribuire anche nelle zone meno ricche del mondo, dell'importanza di mangiare alimenti prodotti nel nostro territorio e di limitare al minimo il consumo di carne.
Ma soprattutto parlerò della teoria della decrescita, di cui vi accenno il principio fondante.

Abbiamo detto all'inizio che la ricchezza di un Paese viene misurata in base ad un regolatore, il PIL, che indica quante merci vengono prodotte e vendute. Come dice giustamente il Professor Maurizio Pallante, Presidente e Teorico del Movimento Nazionale per la DecrescitaFelice, se in Italia ci fosse un'epidemia e fossimo costretti a comprare una grande quantità di farmaci, il PIL crescerebbe ma ciò non porterebbe ad un miglioramento della qualità della vita
E ancora: se ognuno soddisfacesse il proprio fabbisogno alimentare coltivando un orticello, mangeremmo prodotti non trattati con pesticidi a base di petrolio, non innaffiati con acqua inquinata e non lavorati con macchine agricole energivore. Il PIL diminuirebbe perché nessuno avrebbe bisogno di acquistare prodotti alimentari, ma la qualità della vita sarebbe ben lungi dal peggiorare.
Forse allora non è detto che incrementare la produzione dei beni per aumentare il PIL sia la soluzione migliore per i cittadini. O no?

A presto.

Ascolto consigliato:


lunedì 17 settembre 2012

Caccia che passione(?)



Ieri si è aperta la stagione della caccia. Pro o contro? Informiamoci prima di farci un'idea.
Ultimamente sono stata dal veterinario col mio cane e come al solito ho avuto una piccola discussione con alcuni cacciatori che erano lì coi loro supporti, ovvero i loro cani da caccia. 
Non sono capace di intendere la caccia come un passatempo: per me è un prolungamento inutile del nostro lato animale, un pò come il coccige. Ma poiché avere il dubbio di sbagliare aiuta a restare mentalmente attivi, mi sono voluta informare su quella che alcuni chiamano arte.
Cominciamo dalle definizioni:

La caccia è la pratica di catturare o uccidere animali, solitamente selvatici, per procurarsi cibo, pelli o altre materie oppure per scopo ricreativo. La caccia può anche avere un ruolo nella gestione della fauna selvatica, ad esempio per mantenere la popolazione di una certa specie all'interno delle capacità di sostentamento dell'ambiente ecologico. In Italia, come negli Stati Uniti e in molti paesi occidentali, le guardie forestali e ecologi partecipano alla scrittura delle norme di regolamentazione della caccia in modo che le quote e i metodi permessi garantiscano il preservamento della fauna selvatica.

Aspetta un momento. 

Questo significa che l'uomo, tramite la caccia, ammazza gli animali in più negli ambienti che lo circondano per evitare che essi non abbiano niente da mangiare. Quindi in pratica ammazziamo gli animali per evitare che muoiano di fame. Forse preferirebbero morire da soli
Altra interpretazione: un habitat potrebbe essere distrutto dalle specie che lo abitano. Per fortuna c'è l'uomo, sempre pronto a rispettare la natura

Visitando i forum dei cacciatori ho notato che spesso si fregiano di avere una funzione sociale. Date un'occhiata a questo articolo.

A Varese si ammazzano i cinghiali per impedire che questi ultimi distruggano le colture degli uomini, ma nell'articolo si evidenzia la necessità di abbattere anche gli esemplari avvistati al di fuori delle zone da proteggere, circondate da recinti elettrificati.

Domanda provocatoria: nel territorio che noi chiamiamo Varese sono arrivati prima i cinghiali o prima noi? Non dovrebbe essere chi viene dopo a preoccuparsi di non dare fastidio a chi c'era prima?
I cacciatori però pensano davvero di fare cosa gradita a tutta la popolazione civile, tanto è vero che sul sito della Federazione Italiana della Caccia si legge:

La Federazione Italiana della Caccia sta lavorando per attivare tutte le procedure necessarie, affinché venga al più presto riconosciuta a livello nazionale come associazione di Protezione Civile. Questo ci consentirà, tramite le nostre guardie e i nostri tesserati, di presidiare il territorio in via ufficiale accanto alla Protezione Civile, ai Vigili del Fuoco e al Corpo Forestale dello Stato, per la prevenzione degli incendi e per altri compiti che ci verranno assegnati. In tal senso esistono già alcuni precedenti a livello territoriale, come ad esempio quello della Federcaccia Lazio, riconosciuta nel 2005 dalla Regione Lazio come associazione di Protezione Civile i cui volontari, tra le altre attività, sono stati impegnati a L'Aquila per gli aiuti alle popolazioni terremotate.

Tanto di cappello a chi lavora per la comunità. Ma se queste persone sono così sensibili, come mai vanno a cacciare su territori devastati dagli incendi che loro stessi si impegnano a prevenire

In un comunicato stampa del 2007 del WWF si legge:


Dichiara Dante Caserta, Presidente Regionale del WWF: -Molti cacciatori affermano di essere loro i primi ambientalisti: questo si traduce nello sparare con il piombo ad animali di poche centinaia di grammi durante una stagione di incendi e siccità.

I cacciatori però non sono molto disponibili al dialogo con le associazioni animaliste: chiunque si faccia un giro sui loro forum vedrà che è in atto una vera e propria guerra di opinione tra le due fazioni. 

Ad esempio recentemente, è comparsa questa notizia su un sito pro caccia:
Enpa, Lav, Lipu e Wwf annunciano la nascita di un osservatorio nazionale per monitorare sulla corretta applicazione delle normative sulla tutela degli animali selvatici. L'organismo sarà composto da giuristi, esperti faunistici e studiosi delle varie associazioni e vigilerà in particolare sulla corretta formulazione dei calendari venatori nelle varie regioni e sulla loro emanazione entro il 15 giugno, come previsto dalla normativa nazionale.
I commenti sono stati furibondi. Molti propongono di istituire un osservatorio per capire dove vanno i soldi donati alle associazioni animaliste, protestano perché caccia e ambiente sono una cosa sola e addirittura c'è un commento nel quale gli impianti eolici sono presentati come occasioni per mangiare soldi da parte dei comuni.

Un argomento sul quale le lotte degli ambientalisti non si sono mai interrotte è l'abolizione dell'Art. 842 del Codice Civile, considerato incostituzionale. Esso permette ai cacciatori di accedere ad un fondo senza il permesso del proprietario. 

In pratica se si possiede un terreno non c'è modo di impedire ad un cacciatore di praticare la sua attività al suo interno: mentre un cittadino normale potrebbe essere accusato di violazione di domicilio, il cacciatore no.
Sul sito della Lega per l'Abolizione della Caccia trovate tutte le informazioni sulla battaglia ancora in corso (viene anche riportata la storia di una persona che è riuscita ad evitare che i cacciatori avessero accesso ai suoi possedimenti).
Ancora più interessanti, però, sono le reazioni dei cacciatori: sullo stesso sito che ho citato prima, BigHunter.it, qualcuno si offende per il tentativo di abolire l'articolo:
Sconcertati e nauseati da un tale comportamento, i cacciatori italiani non possono, a nostro avviso, stare a guardare e subire l'umiliazione da parte di una classe politica ormai scaduta come il latte, e cieca com'è nel non rendersi conto che l'attività venatoria sia una risorsa e non un costo per il Paese.

Altro motivo di scontro è la diversa concezione che si ha degli animali e principalmente dei cani

Sul sito della FACE,(Federazione delle Associazioni per la Caccia e la Conservazione dell'UE), si legge:
Nessuna delle varie specie animali addestrate per la caccia ha mai avuto un'importanza paragonabile a quella dei cani. Dopo l'addomesticazione il cane perse la propria indipendenza evolutiva diventando un aiuto prezioso per la caccia. I cani da caccia moderni sono il risultato di millenni di selezione genetica ad un livello che è unico nel sue genere. Oggi i cani sono usati per stanare, inseguire o riportare la selvaggina e a volte per ucciderla. Esistono tutt'ora innumerevoli tipi di caccia che si avvalgono dell'ausilio del cane. Infatti l'olfatto sensibile dei cani permette ai cacciatori di scovare, inseguire e uccidere prede che, altrimenti, sarebbero molto difficili o pericolose da cacciare.
Già il fatto che modifichiamo gli esseri viventi a nostro uso e consumo secondo me è aberrante. 
Vi invito, per chi non ha avuto occasione di farlo, ad andare in un canile e chiedere quanti siano i cani maltrattati e abbandonati perché difettosi: cani che non hanno l'istinto di cacciare nonostante l'uomo si sia sforzato di trasmetterglielo geneticamente, per cui sono inutili, sono solo un peso. Io ne ho visti parecchi. 
Così come dal veterinario ho visto decine di cani malridotti dopo uno scontro andato male, di solito con un cinghiale. 
Se la mia esperienza personale non vi basta, visitate il sito dell'Associazione AmiciCani e guardate tra le notizie quante riguardano i maltrattamenti dei cacciatori nei confronti dei loro animali. 

E se ancora non bastasse, leggete questo articolo ma soprattutto i commenti.
L'articolo riguarda la protesta della Lav (Lega Anti Vivisezione) contro il Ministro Fazio che poco tempo fa ha riconosciuto la possibilità di effettuare le caudoctomie (ovvero il taglio della coda, il cui divieto è sancito dalla Convenzione europea per la protezione degli animali). 
Al di là delle diverse opinioni che si possono avere sul fatto in sé, mi ha colpita in particolare un commento di un cacciatore:
Cani e gatti titolari di diritti soggettivi????? stiamo ancora in periodo carnevalizio????

Chiaramente non faccio di tutta l'erba un fascio, esistono senz'altro cacciatori che amano i loro animali, così come esistono volontari e animalisti che non fanno bene il loro lavoro. 
Anzi, vorrei spezzare una lancia in favore dei cacciatori: spesso sui siti delle Associazioni animaliste si attribuiscono atti illegali alla pratica della caccia. In realtà il bracconaggio e la caccia sono due cose completamente diverse: non ci si può riferire alla caccia se si sta parlando di atti compiuti da bracconieri. Non mi pare, comunque, che la linea di pensiero dei cacciatori sia rispettosa dei diritti degli animali e non ho letto nessun commento indignato sotto quello che ho citato prima.

Associazioni a parte, la caccia non sembra essere vista come servizio civile nemmeno dal resto della popolazione: tra il 1980 e il 2001 il numero dei cacciatori è diminuito del 53,5%, mentre un sondaggio Eurisko del 2005 ha evidenziato che il 74.1% degli italiani è contrario alla caccia, il 15.2% è favorevole e il 10.1% indifferente.

Ad ogni modo, la caccia è tradizione e quindi va difesa. Lo sostiene la FACE, organizzazione internazionale non governativa senza scopo di lucro, che agisce nell'interesse di oltre 7.000.000 cacciatori europei. 

Sul suo sito si legge:

La caccia costituisce un ricco mix di tradizioni e cultura. Le minacce ad essa sono molto di più di una semplice contrapposizione ad una singola attività rurale ma piuttosto si tratta di mettere a repentaglio una fonte inestimabile di informazioni culturali, ispirazione che nel corso dei secoli ha aggiungo e arricchito, il nostro patrimonio comune: arte, gastronomia, musica e letteratura. Tra le diverse regioni d'Europa, vi è una varietà e una diversità di tradizioni che contribuiscono a questa eredità culturale. Per questo minacciare queste tradizioni socio - culturali sarebbe un errore, in quanto entrambe le unità sono elementi importanti e uniscono non soltanto i 7.000.000 di cacciatori europei ma tutte le persone, uomini e donne, che hanno le loro passioni, interessi o posti di lavoro connessi con le attività di caccia. I cacciatori, sia urbani che rurali, sono le principali parti interessate alla campagna e le attività che essi proseguono,se caccia e conservazione, sono elementi essenziali che contribuiscono in modo significativo al tessuto sociale e culturale dell'Europa rurale.

Dalle tradizioni però non c'è bisogno di difendersi. E invece qualcuno si sente minacciato dalla caccia e ha fondato l'Associazione Vittime della Caccia, che si occupa di evidenziare alcuni aspetti pericolosi della pratica venatoria: ad esempio il fatto che la caccia favorisce la produzione di armi, che poi vengono tenute in casa e possono essere usate male dai cacciatori stessi, cosa non rara.


Una volta un cacciatore mi disse che la sua attività era motivata dal fatto che trovare carni sane era diventato sempre più difficile e quando prendeva un bell'animale, lo regalava a qualche vecchietto che non avrebbe potuto permettersi di acquistare un alimento tanto pregiato.
A voler essere precisi, secondo la legge non è possibile semplicemente mangiare quello che si caccia: la carcassa deve essere sottoposta a controlli anche quando l'animale è selvatico, anzi ce ne vogliono anche più del solito, visto che nessuno sa quali siano state le sue abitudini alimentari o se era affetto da una qualche malattia. 

Nel regolamento si legge:
Il Regolamento (CE) 853/2004 prevede che tali carni possano essere esitate alla commercializzazione solamente dopo esame ispettivo favorevole delle carcasse, da parte del veterinario ufficiale, presso apposito centro di lavorazione della selvaggina.

Inoltre siamo davvero sicuri di aver bisogno della caccia per procacciarci cibo sano?
Secondo uno studio condotto da Adoc limitato ai soli rifiuti casalinghi, nelle discariche finiscono ogni giorno 4 mila tonnellate di alimenti freschi, di cui la carne costituisce il 18%. In Italia, complessivamente, si cestina una quantità di cibo che potrebbe soddisfare i fabbisogni alimentari di circa 44,5 milioni di abitanti.
Su nessuno dei siti pro caccia che ho frequentato per fare questa ricerca ho notato petizioni contro gli OGM o consigli anti spreco.

Penso che i cacciatori dovrebbero smetterla di dare giustificazioni sociali alla loro attività o di indignarsi contro le associazioni animaliste. Ammettessero una volta per tutte che non gliene frega niente dell'ambiente e che si vogliono semplicemente divertire.


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