mercoledì 12 settembre 2012

L'Alcoa e i 295 miliardi di soldi pubblici



L'Alcoa (Aluminium Company of America) è l'azienda americana terza nel mondo come produttrice di alluminio primario e lavorato. Ha unità operative in quarantaquattro Paesi del mondo. Una di queste è stata fondata a Milano nel 1967, mentre altre due sono sorte a Fusina (Venezia) e Portovesme (Sardegna) nel 1996.

Non sono date a caso.

Nel 1962, con Aldo Moro al Governo, fu approvata una legge che prevedeva la nazionalizzazione delle aziende e delle imprese che producevano, commercializzavano, distribuivano e trasportavano l'energia elettrica nel nostro Paese. Nacque così l'Enel
Da quel momento le imprese private che avrebbero utilizzato energia per attività di interesse pubblico avrebbero avuto diritto a degli indennizzi. Nel caso di aziende come l'Alcoa, la nostra energia veniva rivenduta a prezzi bassissimi, mentre la differenza tra ciò che pagavano e ciò che avrebbero dovuto pagare era colmata dai cittadini attraverso le loro bollette.

Nel 1996, nell'ottica della corsa alle privatizzazioni degli anni Novanta, una società a partecipazione statale che si chiamava Alumix venne rivenduta alla Alcoa, che diede vita alle unità operative di Fusina e Portovesme. I capitali della ex Alumix furono acquisiti dall'Alcoa, mentre le perdite, cioè i debiti, rimasero a carico dello Stato, come anche i sussidi dovuti all'impresa.

Nel 2005 il piano di agevolazioni alle imprese era scaduto e il Governo Berlusconi si era affrettato a rinnovarlo sotto la minaccia di Alcoa di chiudere tutto e causare la perdita di migliaia di posti di lavoro. 

Ho un dèja-vu.

Poiché nel frattempo la UE aveva vietato gli aiuti di Stato alle singole imprese, l'Italia era stata invitata a farsi restituire i 295 milioni di euro che l'Alcoa aveva ricevuto sotto forma di sussidi in quarant'anni. L'Italia però non si decideva, per cui nel 2009 la Commissione Europea aveva condannato il nostro Paese a riscuotere la somma.

Credo di vivere nell'unico Paese del mondo che viene condannato a farsi rimborsare mentre il suo debito pubblico cresce vertiginosamente e si ha un disperato bisogno di soldi.

Il 18 agosto 2010 è arrivato un altro decreto Salva - Alcoa per rinnovare ulteriormente le agevolazioni economiche dell'azienda, ma stavolta la Commissione Europea non si è pronunciata perché l'azienda produttrice di alluminio non era l'unica ad esserne beneficiata: il decreto prevedeva forti incentivi per i piccoli impianti che fossero stati completati entro dicembre dello stesso anno e triplicava il volume di affari per gli impianti di grossa taglia. Il tutto finanziato con l'aumento delle bollette degli italiani.

Chiaramente il decreto ha avuto conseguenze anche a livello occupazionale: un settore che prima contava poche centinaia di lavoratori tra il 2010 e il 2011 ha dato lavoro a 18.500 tra installatori, addetti nelle società di ingegneria e servizi e addetti alla produzione di celle, moduli, inverter e componentistica. Ciò si è rivelato un boomerang: oggi alcune di queste persone rischiano il posto perché non ci sono più soldi per finanziare l'Alcoa.

Qualche giorno fa il Ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha dichiarato di essere vicina insieme al Governo Monti ai lavoratori dell'Alcoa, ai quali però non può garantire il mantenimento del posto di lavoro perché tutta la riforma è finalizzata non a garantire un singolo posto di lavoro, ma l'occupabilità dei lavoratori. In questo modo il Governo vuole farci credere che la chiusura della sede di Portovesme sia dovuta alla crisi e ai tagli alla spesa pubblica, ma non è del tutto così.

Senz'altro ci si è trovati a dover scegliere tra il rifinanziamento dell'Alcoa e la possibilità di usare gli stessi soldi per altre priorità più importanti per i cittadini. Vanno però fatte due considerazioni:
1) Non ci si troverebbe davanti a questa scelta se non fosse stata fatta una politica di privatizzazioni selvagge che è ben lontana dall'essersi esaurita;
2) Ad agosto è stato approvato un emendamento grazie al quale il fondo spesa per i gruppi parlamentari passerà da 150 a 160 milioni di euro nel 2013
Mi sa che ci dobbiamo mettere d'accordo su quali siano le priorità per questo Paese.

Forse è meglio pagare una bolletta più salata per garantire che l'Alcoa continui a lavorare (con la nostra energia a prezzi stracciati) e soprattutto a dare lavoro agli italiani: se non ve ne siete accorti, siamo in crisi e le stesse persone che sono a rischio disoccupazione non hanno nessuna possibilità di trovare un altro lavoro.

Mentre il Governo trova una soluzione, però, una cosa la potrebbe almeno considerare: farsi restituire i 295 milioni che l'Alcoa ha risparmiato grazie agli stessi italiani che sta buttando in mezzo ad una strada.


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