domenica 7 ottobre 2012

Wall Street - Il denaro non dorme mai

Uscito nel 2010, è il sequel di Wall Street, film del 1987 dello stesso regista, il mitico Oliver Stone. Il soggetto è lo stesso: Gordon Gekko, l'anti-eroe interpretato da Michael Douglas venticinque anni fa, che ritroviamo un pò invecchiato ma ancora parecchio in forze.
Stone riprende il filo della storia per raccontare come è cambiata l'economia da quando Gekko è finito in galera: se prima ne aveva evidenziato la pericolosità, ora non può fare altro che confermare la sua idea alla luce degli avvenimenti del 2008.

Stessi protagonisti, stessi luoghi (anche comuni, con le ragazze bellissime sempre disponibili nei locali per ricconi e lo champagne che scorre a fiumi), ma se gli si parla di remake, Stone si arrabbia. La sua opera non va intesa come un semplice ve l'avevo detto, ma si propone come qualcosa di più: addirittura una saga familiare.

Calma, dall'inizio.

Gekko ha sfruttato i suoi otto anni di detenzione per riflettere sui suoi errori e si è reso conto che l'avidità sta portando i suoi colleghi manager di Wall Street a giocare col futuro dei cittadini ignari, spendendo i loro risparmi per titoli spazzatura e scommettendo su una crisi che loro stessi stanno causando. Ne avrete sentito parlare: dopo la bolla finanziaria del 2008 non ci siamo ripresi più, visto che le misure prese per evitare la chiusura delle principali banche hanno determinato la crisi economica che oggi stiamo cercando di affrontare senza particolare successo.
Ebbene, Gekko ha capito che l'unica cosa importante per lui, che ormai è solo un vecchio, è riconquistare la fiducia della figlia Winnie, la quale non gli rivolge più la parola e lo incolpa della morte del fratello, avvenuta per droga.
Mentre il padre era al fresco, Winnie ha aperto un blog di successo che punta a svelare i segreti del potere. Nome: La dura verità
Quando si dice originalità. 
Si è anche fidanzata col giovane broker Jake Moore, il quale vive la crisi da un altro punto di vista, più intimo: la banca per la quale lavora, la Keller Zabel, fallisce a causa delle speculazioni di altri manager e Louis Zabel, anziano fondatore della banca e mentore di Jake, si suicida buttandosi sotto un treno. Distrutto dal dolore, il ragazzo decide di vendicare Louis.
A questo scopo, avvicina Gordon dopo un incontro all'univesità dove Gekko ha tenuto una conferenza, presentandosi come il fidanzato di sua figlia e riuscendo così ad attirare la sua attenzione. Appena Gekko capisce che il broker ha bisogno di informazioni su chi ha tradito Zabel, gli propone uno scambio: un incontro con sua figlia per cercare la riconciliazione in cambio di tutte le notizie che sarà in grado di fornirgli sfruttando i suoi vecchi contatti.
Da quel momento, Jake mente a Winnie evitando di confessarle il suo incontro col padre, il quale riesce ad ottenere con fatica una seconda possibilità.

Ora avete capito perché Stone non vuole parlare di sequel? 
Il film non parla dei meccanismi che hanno portato al crollo delle borse del 2008, della cartolarizzazione o dei credit default swap, ma li pone come base per un dramma familiare, meglio ancora per una riflessione su ciò che ci porta a tradire chi ci è più vicino se c'è l'occasione di trarne un profitto.
Nel film la scintilla è Winnie: la ragazza non è particolarmente intelligente (come si fa ad imputare alla mancanza di un padre rinchiuso in carcere la tossicodipendenza del proprio fratello?), piagnucola per tutto il film e non è nemmeno coerente, dal momento che a Gekko bastano un paio di frasi per farla tornare a sorridere, ma è la chiave di tutto. Per un piccolo dettaglio: a suo tempo il paparino le aveva messo da parte dei soldi su un conto svizzero. E ora quella somma serve sia al futuro marito, nei guai per un investimento che non può più sostenere e senza più un lavoro, sia allo stesso papà, che anche se ripete all'infinito di essere ormai fuori dai giochi, in realtà non vede l'ora di tornare ai bei vecchi tempi e avrebbe proprio bisogno di un prestito.

Dunque, il velo cade e quello che resta non dipende né dal sistema bancario, né dall'avidità: abbiamo un uomo che tradisce la fiducia della propria compagna con l'alibi di una vendetta poco pulita e che in realtà vuole solo fare tanti soldi e un padre che sparge qualche lacrima sulla figlia che aveva abbandonato per ottenere altri soldi. Ecce homo.
Come cornice per questi lieti eventi, personaggi meno rilevanti come quello della madre di Jake (Susan Sarandon), una ex infermiera che si è buttata nel mercato immobiliare e non riesce a vendere nemmeno uno stanzino, per cui chiede continui prestiti al figlio.

La regia è come sempre limpida, geniale e priva di fronzoli, ma chi si ricorda il film del 1987 non può che rimanere deluso: niente descrizioni semplici di meccanismi complessi, solo un accenno agli eventi salienti della nostra storia economica moderna. In compenso sentimentalismi e americanate non mancano. 
Tanto per cominciare, la scelta dell'attrice per il ruolo di Winnie: Carey Mulligan ha un bel visino, ma per il resto è davvero insignificante. Attori veri come Frank Langella, Charlie Sheen e Eli Wallach lasciati in secondo piano, un cattivo dell'importanza di Josh Brolin ridicolizzato nella sua sete di potere e un giovane e bravino attore come Shia LaBeouf nei panni difficili di Jake Moore non possono reggere accanto ad una presenza come quella di Michael Douglas, che per l'interpretazione di Wall Street aveva conquistato nientemeno che l'oscar come migliore attore protagonista. 
Il film appare quindi sbilanciato: anche se Stone dice il contrario, è evidente il ricorso agli attori che avevano lavorato con lui più di vent'anni fa per tutte le scene chiave, mentre ha preferito un'attricetta mainstream e un attore più convincente per il ciuffo che non per le sue doti artistiche per i momenti più patetici (="che suscita commozione, compassione o tristezza"). 
La mia tesi è confermata dagli incassi, che in Italia hanno superato di poco i tre milioni di euro.

Oliver Stone ha ragione: non bisogna partire dal presupposto che questo film sia un remake, altrimenti non si riesce a coglierne il messaggio profondo
Il regista ci offre uno spunto di riflessione a mio avviso molto più importante di qualsiasi nozione potesse trasmetterci sugli avvenimenti economici che gli fanno da sfondo: le crisi e la corruzione non sono evitabili semplicemente modificando un sistema finanziario o criticando le gerarchie del potere. Non è demonizzando i banchieri o i "ricchi" del mondo che lo cambieremo e ci costruiremo un futuro migliore. Ci dobbiamo guardare allo specchio per vedere le stesse persone che ci hanno portato alla disoccupazione galoppante e alla perdita di diritti fondamentali, per vedere quelli che ci prendono in giro ogni giorno
Siamo noi che permettiamo a queste persone di manipolarci, tutte le volte che ci rifiutiamo di informarci sul loro conto o che accettiamo di votarli perché sono amici di amici, perché dicono cose di cui ci vogliamo fidare e sulle quali non vogliamo riflettere.
Nel film la gente e la stampa sono praticamente invisibili: si scatenano solo quando si dà loro in pasto il caprio espiatorio di turno, ma non hanno un potere reale. Forse è ora di cambiare canale.

Ascolto consigliato:



2 commenti:

  1. "Ci dobbiamo guardare allo specchio... Siamo noi che permettiamo a queste persone di manipolarci, tutte le volte che ci rifiutiamo di informarci sul loro conto o che accettiamo di votarli perché sono amici di amici, perché dicono cose di cui ci vogliamo fidare e sulle quali non vogliamo riflettere".

    E' un discorso perfetto soprattutto se riferito alla politica. In politica il pesce puzza dalla coda, ossia è l'elettore (che vota il corrotto per godere di ingiusti privilegi) la radice del male. Il Parlamento è lo specchio del paese. Un elettorato onesto eleggerebbe parlamentari molto meno corrotti di quelli che oggi abbiamo: tutti i Parlamenti hanno qualche mela marcia, ma da noi la corruzione è quasi la regola invece di essere l'eccezione. Purtroppo invece di farsi l'autocritica, l'elettore se la prende comodamente con la "politica" (come se i parlamentari si eleggessero da soli), con i "partiti", e via dicendo. Anti-politica è una parola priva di senso, ma è di gran moda. La politica è l'interesse per la cosa pubblica, ed ogni persona intelligente si interessa alla cosa pubblica, quindi tutti fanno politica: anti-politici potrebbero essere gli idioti, che alla cosa pubblica non si interessano perchè mentalmente incapaci di intendere.

    Sulle banche e sulle loro malefatte ci sarebbe altro da dire. Quando le banche, le assicurazioni e le società finanziarie speculano sul grano che ancora non è stato raccolto, o sul petrolio che verrà estratto il prossimo anno, fanno alzare i prezzi di questi beni e condannano alla fame ed al freddo milioni di persone. I parlamentari che non legiferano per impedire questi abusi mostrano di essersi venduti ai grandi gruppi finanziari che vivono di speculazione. Ma quei parlamentari li abbiamo eletti noi e quindi chi è il vero colpevole?

    Carlo Orosei

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  2. Hai centrato il problema, con acume e completezza.
    Grazie del contributo :)

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